martedì 8 gennaio 2019

#unoasettimana Tommaso Marino, la luce negli occhi di un finale da scrivere

Bisogna vedere a che punto siamo della storia. Se fosse la fine non sarebbe stato un gran bel libro, caso mai uno di quelli che sanno d’incompiuto, con inizio dolce più di un favo di miele e finale amaro come una cucchiaiata di fiele. Ma se invece, come è in realtà, il finale deve ancora essere scritto, allora la trama può prendere tutt’altra piega e riservare un finale ricco di emozioni.

No, non può essere questa la stagione che Tommaso Marino, enfant du pays per antonomasia, si attendeva e sperava. Tornato a Siena con un’esperienza alle spalle assai ricca di crescita e soddisfazioni personali ed in più con i gradi di capitano della Mens Sana, non si è sottratto alla responsabilità che stampa e tifosi gli hanno da subito affibbiato, senza tanti fronzoli: essere il leader di una squadra nuova, con buone aspettative ma tutta da assemblare.
   
Marino ha detto: ok, spacchettiamo questo puzzle 3D e vediamo quanto ci vuole a montarlo, visto che in campo è lui che deve mettere insieme i pezzi rovesciati sul tavolo da coach Moretti. Il problema però è che alcune fasi di costruzione hanno riservato più problemi del previsto.

All’inizio, a dire il vero, le cose andavano più che bene: la pallacanestro vista a palazzo nei primi due mesi era di gran lunga la migliore che gli occhi sapienti dei tifosi avessero visto da diversi anni. Ma si sa, l’entusiasmo dell’inizio è un propellente che piano piano si esaurisce e deve essere sostituito da un mix di due benzine differenti: la costanza e, soprattutto, quello che ormai è da considerarsi quasi un lusso, ovvero che un giocatore pensi esclusivamente all’aspetto sportivo, senza che rumors o mal di pancia vari distraggano la sua attenzione dal rettangolo di gioco.

Certo, con Marino l’azione ha sempre tutta un’altra velocità, la palla si muove come in un flipper colorato; però la fase di finalizzazione, come dicevano i vecchi radiocronisti di "Tutto il calcio minuto per minuto", talvolta ancora latita.

Ma Tommy non è uno che abbassa la testa rassegnato, anzi caso mai, di fronte alle difficoltà, ti spara in faccia un sorriso alla Pecos Bill e riprende il cammino più motivato di prima. In effetti sarebbe brutto se Peter Pan si scoraggiasse di fronte ai colpi bassi di Capitan Uncino, se Davide si sbiancasse davanti al sovradimensionato problema che Golia rappresenta, oppure se il buon vecchio Rocky Balboa assaggiasse il tappeto del ring sotto i cazzottoni di Ivan Drago senza reagire.

Infatti, come detto, la storia deve ancora svelare il proprio epilogo. “Ho giocato, forse, la prima partita decente in casa quest’anno”, sono state le sue parole in conferenza stampa dopo Agrigento. Ed ha ragione: penetrazioni ficcanti nel primo tempo, bombe di peso specifico elevatissimo e liberi d’esperienza nella seconda parte, il tutto condito con l’usuale personalità e voglia di vincere, in una partita in che, in un modo o nell’altro, era determinante portare a casa. Bene, e allora questa può anche essere la prima reazione dell’eroe che il pubblico attende con impazienza.

Il suo percorso lo si conosce bene: giovanili nella Mens Sana, 5 volte a referto in prima squadra (e che squadra) nella stagione 2003/2003, poi Trapani, Porto Torres, Omegna, Teramo, Treviglio (I estratto), Ostuni, Forlì, Treviglio (II estratto), Casalpusterlengo, Treviglio (III estratto, che evidentemente nella Ruota Marino esiste). E poi di nuovo a casa. L’esperienza umanamente più importante, per sua stessa ammissione, sono gli ultimi 5 anni alla Remer, con 140 allacciate di scarpe e quasi 2.000 punti segnati, ed in più con la capacità di sapersi conquistare un posticino nei cuori della gente. Qui, nella sua città, quel posto è rimasto salvo, tenuto al calduccio dalla voglia di rivederlo in campo coi colori biancoverdi. Qui, dove il personaggio Tommaso cestista-più-sexy-di-Instagram Marino conta meno che altrove, e dove conta solo Tommaso.

La speranza di tutti è che, sempre di più, l’impegno e la dedizione che Marino ha sempre messo sul campo vadano a braccetto con statistiche più adeguate al suo talento; quando ci mettiamo a giocare, il joystick in mano ce lo deve avere il n. 8 biancoverde.

D’altronde è così che va: chi è destinato ad essere eroe può anche prendere ricche porzioni di colpi proibiti, ma alla fine in qualche modo la spunta.



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St.Sal.Stats: Aspettando Marino Godot










  

Il varo

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