Non ha aiutato vedergli chiudere la scorsa stagione già a febbraio. Tirando una riga in quel momento, le sue aspirazioni di maggior spazio si sono scontrate coi numeri che lo hanno comunque visto in campo 19' di media, e soprattutto si sono scontrate con un riscontro tecnico che non lo ha visto fare visibili passi avanti rispetto all'anno prima: non è il talento il suo punto di forza, quando deve mettere palla a terra le cose si complicano e soprattutto il tiro - quello che ti dà o meno cittadinanza a un certo livello - è un calvario, dopo due stagioni rispettivamente da 17% e 14% da tre punti (!).
Il resto del pacchetto (i pregi, il passato radicato a Siena, l'età che rende il suo futuro ancora in gran parte da scrivere) ha reso combattute le valutazioni. Facile quella sul riscattarlo o meno, a fronte di un prezzo spropositato per passare dal 20 al 30% del suo cartellino, e dunque della percentuale dei premi da parte delle sue future squadre a cui si avrà diritto in futuro. Non riscattandolo si poteva comunque tenerlo proponendogli un contratto ai prezzi di mercato, come poi si è provato. Certo, provarci già nei quattro lunghi mesi in cui non ha giocato forse avrebbe aiutato a trovare un accordo conveniente. Ma sono stati mesi in cui la Mens Sana non ha avuto la minima certezza sul futuro, o sicuramente non l'operatività, e allora ha perso ogni possibile vantaggio.
C'era poi da capire: tenerlo, ma per fare cosa? Lo scenario più intrigante, provando a compensarne le caratteristiche col resto del quintetto e con qualcuno dalla panchina, era cucirgli addosso un ruolo da titolare. Lo scenario più sterile era tenerlo per riempire una casella, e quello a cui si è arrivati non è stato molto diverso: un posto da quinto esterno dietro un americano e Casella (con la c maiuscola), con margine di crescita ulteriore degli spazi praticamente inesistente. E se quello che serve è riempire una casella (con la c minuscola), muovendosi per tempo si potevano trovare giocatori più convenienti e/o più funzionali.
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E' finita che il quintetto a Bucarelli gliel'hanno offerto altri, prima e dopo le prestazioni in Nazionale. E' finita che il rilancio mensanino su base triennale, figlio di valutazioni probabilmente di pancia e non più particolarmente tecniche (con l'input della proprietà di farne una bandiera del nuovo ciclo), è stato superato dagli eventi. E' finita che - ma è un'opinione personale discutibilissima - gli interventi esterni hanno salvato la Mens Sana da una decisione emotiva con cui avrebbe fatto i conti per anni non solo in termini economici (in tutta la vicenda i soldi ci sono entrati il giusto, anche perché non si parla di miliardi) ma tecnici, anche nella strutturazione del roster.
Giusto per fare un esempio, la controversa decisione di quattro estati fa di rinunciare al capitano Marco Carraretto (sul cui conto gli anni successivi hanno aggiunto diversi elementi alla valutazione) per prendere il più economico e funzionale Viggiano non ha impedito di rendere quella Mens Sana una delle più amate di sempre. Per questo, se anche fosse stata la Mens Sana a deciderlo, il problema non è di per sé separarsi da Lorenzo Bucarelli. Separarsi da un giocatore che è cresciuto cestisticamente a Siena, che stava continuando a crescere (di recente meno) e che era romantico (ma anche realistico?) vedere come pietra miliare del futuro. Anzi, come detto, ci sono varie ragioni per pensare che alla fine sia stato meglio così.
Ma è il resto del mercato della Mens Sana che l'ha messa in condizione di vivere come una sconfitta un'evoluzione non necessariamente negativa. Per quanto forse basata su presupposti tecnici sbagliati, trattenere Bucarelli per farne un uomo simbolo era stata almeno un'idea, l'unica rimasta perseguibile, di un'estate che si è appiattita attorno all'impossibilità di essere operativi. In cui si poteva immaginare appunto Bucarelli in quintetto, oppure Vildera in quintetto, oppure dare la regia a un americano che potesse giocare davanti e di fianco a Cappelletti per gestirne il rientro, oppure prendere entrambi gli stranieri sugli esterni, oppure prendere un lungo americano con caratteristiche per giocare accanto a Vildera e non solo davanti. Azzardando, certo, prendendosi rischi, certo, ma rischi in cui credere, scommesse attorno a cui far girare la stagione.
Ognuno poi la spiega prendendosela con chi vuole, risalendo a ritroso (a rischio di sbagliare obiettivi) la catena delle possibili responsabilità: la visione dei tecnici oppure le capacità dei dirigenti; il mercato partito troppo tardi per i tempi biblici nel passaggio di quote oppure i conti malati che sono stati la causa ultima di questi tempi allungati; il budget basso (leggermente inferiore all'anno scorso) deciso dalla nuova proprietà oppure i buchi degli anni scorsi che hanno costretto i nuovi soci a tenere la cinghia tirata. Era nell'ordine delle cose un cambio di passo manageriale passando da tifosi, anche di alto profilo, che amministravano soldi di tutti a imprenditori che chiamano professionisti a gestire soldi (in buona parte) messi da loro.
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Resterebbero poi da riempire la nona e la decima casella del roster: per farlo con ragazzi dell'Academy, come era logico e forse preventivato (ma Campori che fa? va a Forlì?), bisogna che ci sia l'accordo con la Polisportiva che al momento non c'è, dopo un brutto primo approccio nell'incontro di martedì. Al momento in Federazione l'Academy non risulta più essere la società satellite della Mens Sana, che ora per le giovanili obbligatorie potrebbe guardare altrove, generando nuovi mostri. O magari con la settimana nuova dalle provocazioni si passerà a rapporti più costruttivi con atteggiamenti più adulti, come sarebbe nell'interesse di tutti.
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