giovedì 22 novembre 2018

#unoasettimana Janko Cepic, il ragazzo si è fatto uomo

La prima volta che ha messo piede sulle lastre aveva appena 16 anni. Sembra passata una vita, eppure il tutto succedeva meno di quattro anni or sono. Di Siena sapeva poco, o meglio sapeva quanto bastava: lì c’è la Mens Sana, uguale basket di alto livello.

“Quando poi sono arrivato ho subito capito perché in molti mi dicevano che questa è una delle città più belle del mondo”. Parole sue, sincere e chiare come i suoi occhi. Sembra passata una vita, dicevamo, perché nel frattempo Janko Cepic non è più un ragazzo, è diventato grande, non solo dal punto di vista cestistico, ma anche e soprattutto umano. Innamorato del Gioco come Paolo di Francesca, cresciuto con il mito di Nemanja Bjelica, giocatore ultra-versatile che ben rappresenta lo stile di gioco che predilige, in questi anni Janko ha fatto da chioccia anche agli altri ragazzi arrivati a Siena da lontano.

Chiedetegli pure se sia stato un cammino difficile, e soprattutto se gli manchi la sua terra; lui, con la faccia da bravo moschettiere che si ritrova, vi risponderà di no. Certo, la lontananza dalla sua famiglia la sente, così come la mancanza della vista del mare dalla finestra di casa a Herceg Novi (che in italiano sarebbe Castelnuovo, ma è in Montenegro e come si può ben intuire la Berardenga non c’entra niente). A parte questo, vi dirà anche che tutto è stato più facile del previsto: a Siena si è sentito da subito come a casa sua, ha avvertito chiaro e forte l’affetto di chi, fin dai primi giorni, gli è stato vicino e lo ha aiutato.

No, non siamo in un film prodotto da Walt Disney, non ci sono maghetti e fatine sdolcinate dietro ad ogni angolo, c’è solo tanto impegno e la voglia matta di mettere a frutto un’occasione che può davvero portarti a realizzare il tuo sogno, quello di diventare un giocatore professionista. Janko ha capito immediatamente il concetto, come dimostrano i suoi gesti, i suoi comportamenti, più limpidi di una mattina assolata di metà maggio, dove tutto è definito. Impegno, dedizione, rispetto; con basi così solide non si può che costruire un palazzo a prova di terremoto. 

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Arrivato per dare solidità e centimetri agli sguarniti reparti di lunghi delle giovanili, non solo ha dominato da subito contro i pari età, ma ha anche iniziato a modificare il suo gioco per adattarlo a quello del piano di sopra, rendendolo più duttile, completo e variegato, meglio di un barattolino Sammontana.

Oggi, di fatto, può giocare in tre ruolicentro tattico, come successo contro Renzi o Borra, giganti contro i quali può andare sotto in centimetri ma non certo di grinta e voglia; ala grande, il suo ruolo naturale, che gli si addice come uno di quei bei guanti da signora fatti su misura; ala piccola, vista la sua abilità nel tiro da fuori e i buoni polpastrelli di cui è dotato per il corretto trattamento della palla. Da qui ad essere dei giocatori completi ce ne corre, ma la strada percorsa è senza dubbio quella giusta.

Come dice il suo coach Moretti, nel carniere di Cepic ci sono già frecce molto affilate, ma mancano ancora un po’ di atletismo e muscoli per poter reggere il confronto con tutti quei ‘filibustieri del parquet’ che si troverà di fronte da qui in avanti in campionati tosti come la A2. “Per fortuna” ci confessa Janko “tutti in prima squadra si sono dimostrati molto generosi con me. Ogni giorno, ad ogni allenamento, grazie ai veterani e allo staff tecnico, riesco ad imparare qualcosa di nuovo; per questo sento dentro di me un grande senso di gratitudine e voglio fare tutto quello posso per ripagare questa fiducia”.  

Tradotto in soldoni, testa bassa e tre obiettivi in testa: lavoro, lavoro e lavoro. 
Per fortuna, assieme a questo processo di maturazione convivono anche le aspirazioni e i desideri di un ragazzo: ascoltare musica, uscire con i compagni, sfinirsi le retine a forza di partite a NBA2K alla Playstation; non bisogna mai esagerare con la serietà, altrimenti si rischia di diventare noiosi, e Janko sembra saperlo bene.

In campo Cepic scende col numero 16. E’ solo l’ultimo rimasto quando si sceglieva o c’è sotto qualcos’altro? “Nel mio numero di maglia ci deve sempre essere il n. 6, è in onore di mio fratello. Non so se lo terrò in futuro, ma il 16 mi piace sempre di più, anche perché ormai a quel numero sono legate emozioni fortissime e i miei primi punti da professionista”. Obiettivi? “Giocare il più possibile, imparare il più possibile, arrivare il più in alto possibile”. Lapalissiano.
Che la crescita continui, Janko. Il futuro “si tinge di roseo color”.




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