martedì 20 settembre 2016

Il presente e la storia. Proli e la Mens Sana. Milano e gli scudetti della Mens Sana

Non è la prima volta che capita di sentir parlare di Siena Livio Proli, numero uno dell'ultima vera avversaria della Mens Sana per come l'abbiamo conosciuta fino al 2014. L'occasione è stata una sua visita alla Gazzetta dello Sport. Nella chiacchierata in cui è deflagrata la notizia del passaggio della "fascia" di capitano da Alessandro Gentile ad Andrea Cinciarini, si è parlato anche di Mens Sana in un brano del colloquio passato evidentemente in secondo piano.

Una domanda, tra le tante, certo alla luce delle accuse che hanno portato la Federazione a lanciarsi sull'ipotesi di revoca dei titoli: "Sente suoi, anche in parte, gli scudetti vinti da Siena?". La risposta è di un certo interesse già nella sintesi obbligata dagli spazi finiti di una pagina del giornale di oggi. Lo è ancora di più nella sua rilettura integrale, disponibile qui. Segue dibattito.

"Assolutamente no. Non li sento assolutamente nostri perché noi in quei tre-quattro anni abbiamo fatto degli errori, poi dico "noi" ma li ho fatti io: in quegli anni lì ne ho fatto parecchi, ero inesperto e ho portato dietro con me la società a fare un percorso difficile ma ricco di ingenuità. Posso dire che senza Siena in quel modo lì forse avremmo vinto prima, però posso anche dire che pure senza Siena siamo stati capaci a non vincere nulla. 

Non li sento miei perché comunque noi non eravamo all'altezza di quel progetto: ci avrebbero battuti anche senza i giochini di qualcuno. Da quel roster lì, quella cultura lì, io ho attinto, come mi sembra abbiano fatto anche a Venezia e a Reggio Emilia: perché di Reggio tutti raccontano la favoletta dei giocatori italiani, ma lì c'erano due gladiatori che si chiamano Kaukenas e Lavrinovic che hanno preso la banda dei giovani italiani e li hanno portati là. Come qualcun altro a Venezia tipo Ress. Noi abbiamo preso Moss, Banchi... Siamo andati a prendere una cultura che io ho sempre ammirato, la cultura di saper far squadra e di portare una città contro tutto e tutti

I modi che ci sono dietro non li ho mai apprezzati e sono anche modi irreplicabili, borderline: non voglio scatenare di nuovo il casino coi senesi, ma sicuramente dietro c'erano delle tecniche - chiamiamole così - che in regime di normalità non si possono replicare. Però come loro fecero quadrato verso tutto e tutti, anche in Eurolega ad esempio, fu spettacolare. A quei livelli lì, se avessero evitato le cose borderline, secondo me erano comunque più forti di noi. 

Quello che dispiace è essere entrati nell'Olimpia nel momento in cui c'era un dominus così forte. Ma ci siamo dimostrati resilienti, perché non siamo mai morti, ci siamo piegati ma non spezzati, cosa che ai tempi mi è stata poco riconosciuta. Il fatto di aver preso legnate, di aver fatto figure anche pacchiane, ma non aver mai avuto vergogna ed essere sempre ripartiti l'anno dopo con l'ambizione di provare a vincere... quello è qualcosa che ci ha regalato Siena. Il fatto di avere una società che ti umiliava ogni volta, ma non ti aveva tolto la voglia e il piacere un domani di andare a vincere. 

Perché lo scudetto numero 26 è irripetibile per noi? Perché abbiamo battuto il vero nemico nostro. Anche se in disgrazia. Però quelli erano uomini destinati a diventare leggenda, quindi con una motivazione irripetibile. Abbiamo raggiunto la vittoria forse nell'anno più difficile, anche se loro avevano un budget più basso. Ma quei dieci giocatori lì erano pronti a diventare leggenda nel mondo dello sport italiano. Il fatto di averli battuti per me è stato la conferma che la società era sulla strada buona, e di quello abbiamo goduto. Quello sentiamo nostro come scudetto, prima no".


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