mercoledì 21 ottobre 2015

Segnali di Roberts

Secondo periodo, Cucci commette due falli in due secondi su Natali. Il secondo fischio è dubbio e manda su tutte le furie il palazzo. Anche Ramagli, a venti metri dall’azione, l’ha vista come il resto del palasport e fa notare il suo disappunto alla terna. Il giovane biancoverde vorrebbe protestare in maniera convinta come fa chi pensa di avere ricevuto un torto, ma si avvicina Roberts e gli fa cenno di alzare il braccio, di riconoscere l’infrazione. Poi il texano va da Borsato e gli sussurra qualche altra cosa.

Morale della favola, mentre i duemila sugli spalti (e anche qualcuno in campo) stanno invitando i tre in grigio a cambiare abitudini domenicali, lui pensa già al possesso successivo, a cosa fare per impedire a Casale di trasformare in punti quello che sembra un ‘regalo’ arbitrale.

Mentalità da leader, indispensabile. Quando la serata si mette male, quando l’avversario è ostico, quando quello che hai preparato in settimana funziona a singhiozzo, serve anche che il tuo uomo di punta si cali nel palcoscenico indicando a tutti, esperti e meno esperti, la via per arrivare al successo. Con la giocata giusta, sui due lati del campo e non solamente con i canestri fatti, ma anche con la voce. È bello vedere l’energia degli Under, la voglia che mettono sul parquet. Ma è bello vedere che la “stella” della squadra, l’uomo che giocava in A, che poteva calcare palcoscenici più ricchi se non si fosse perso per strada, si cala nel ruolo del capo per trascinare chi ancora non lo è ma potrà diventarlo in futuro.

Ok, gli ottimi dati statistici (23 punti e 7 rimbalzi, esattamente le stesse cifre che aveva messo insieme sommando le prime due partite) magari influenzano il giudizio rispetto ai primi due episodi stagionali. Ma la sensazione era che contro Latina e Scafati non avesse saputo/voluto prendersi la squadra sulle spalle. Cosa che ha fatto contro Casale: quel tipo di atteggiamento dice, o almeno fa sperare, che le altre 27 battaglie della regular season lo vedranno ancora in campo come leader emotivo del plotone. E un leader sa quando prendersi il tiro e quando invece è il momento di passare il pallone ad un compagno piazzato meglio. Non è un caso che nei parziali più incisivi (il plusminus collettivo, torneremo a parlarne…) lui sia sempre in campo. Questione di chimica di squadra, una chimica migliore se tra quelli che la devono garantire c’è il numero 23.

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