L'ipotesi di revoca di alcuni degli scudetti della Mens Sana non poteva non scatenare una reazione. O meglio, poteva, ma sarebbe stata la dimostrazione totale di uno scenario di morte civile. La risposta c'è stata, a più livelli: istituzioni, sportive e politiche, tifosi, ex giocatori. Intanto è un segnale, non scontato visto quello che è successo alla Mens Sana e a Siena negli ultimi quattro anni.
Perché sia utile a qualcosa, forse, o anche solo per provarci, serve che la reazione immediata di pancia non si esaurisca in una fiammata di pochi giorni, va mantenuta e non esaurita nella foga del momento: più che oggi, lo zelo di queste ore servirà più avanti per affrontare una battaglia sulla lunga distanza. Al momento solo una parte delle carte dell'inchiesta sono state trasmesse alla giustizia sportiva. Se l'impeto si esaurisce ora non serve a niente. Comunque intanto, nelle prime 24 ore dopo la botta, si è ripartiti così.
POLISPORTIVA
La Polisportiva era sembrata da subito la più titolata a muoversi. Doveroso farlo. Lo farà intanto sul piano su cui è abituata nell'ultimo anno e mezzo a ragionare con la Federazione. Vedendosi, incontrandosi, parlandone. E' stato così per la ripartenza della nuova società, fino ai confronti recenti per capire se sia possibile staccare il settore giovanile sotto un codice di affiliazione diverso dalla sezione basket, memori di quanto (non) successo in passato. Ha senso che, in presenza di questo tipo di rapporti, che comunque non hanno impedito a Piero Ricci di parlar chiaro ed evocare un "sapore di persecuzione" e di segnalare l'inaffidabilità (presumibilmente anche per gli altri club) dei controlli Comtec, sia questo il punto di partenza. Un appuntamento per parlarne, nei prossimi giorni.
Pronti comunque al cambio di passo se e quando si dovesse trovare un muro. Senza remore di far salire il livello dello scontro, se lo rendesse necessario l'atteggiamento che ci si troverà di fronte. Chi come la nuova Mens Sana ha fatto tutte le cose come si deve in termini di regolamenti, non ha nulla da temere da un inasprimento dei rapporti, tanto più dettato non da ostilità politiche ma da una legittima autodifesa. Difendere la propria storia è un diritto (dovere), non qualcosa per cui dover dare delle spiegazioni.
COMUNE
Il Comune era l'altro soggetto da cui aspettarsi una posizione forte. Le parole del sindaco Bruno Valentini non sono state di superficiale demagogia, come invece poteva essere. Ha usato argomenti specifici di chi è stato ben informato. Fattivi. C'è stata la difesa della città e della storia. Ma c'è stata anche la concreta soluzione (a cui certo dovranno seguire i fatti) di chiedere di insediarsi in un procedimento in cui altrimenti non è previsto da parte di nessuno il ruolo della difesa, contro l'accusa. C'è stato anche l'acume di invocare la certezza del diritto attraverso la parità di trattamento nei controlli rispetto alle altre società, che una loro posizione sulle condotte della Mens Sana l'avevano espressa eleggendo Minucci alla presidenza della Lega. Sono ragionamenti ben informati. Anche qui senza dover chiedere permesso a nessuno: difendere la città è nelle doverose prerogative di un'amministrazione comunale, che comincia a essere già un interlocutore di un certo livello istituzionale, tanto più se confrontato all'eventualità di interlocutori non ci fossero affatto.
Poi ci vorrà il salto di qualità politico per provare a muoversi anche ad altri livelli, non per influenzare ma per sensibilizzare rispetto allo stato di totale abbandono e zero rappresentanza in cui rischiava di versare la causa mensanina. È una battaglia che si combatte così, ma si combatte anche di fronte all'opinione pubblica. È una partita in salita, per una città negli ultimi anni associata sui media al malaffare difendere la propria articolata causa, di fronte a quella più populista e dunque più immediata da capire, sostenuta anche dai tanti sconfitti degli scorsi anni che vedono nella battaglia per questa revoca una naturale occasione di rivalsa. Intanto, al cospetto di un modo di amministrare la giustizia che si alimenta di consenso ed è sensibile alla maggiore o minore popolarità delle proprie decisioni, è stato fondamentale non lasciare che fosse solo l'accusa a occupare lo scenario mediatico.
TIFOSI E GIOCATORI
La possibile class action dei tifosi, al di là delle effettive possibilità di successo, ha senso proprio in quest'ottica, quella di darsi una presenza mediatica che impedisca il pensiero unico ma anche come strumento di pressione. Sarà una pressione relativa, dirà qualcuno, ma aiuta a mitigare la faciloneria nel prendere decisioni così importanti ricordando che ci sono degli interessi lesi (anche al di là di quelli specifici alla base della richiesta di risarcimento). E vediamo quali iniziative deciderà il Comitato La Mens Sana è una Fede nella riunione di venerdì. L'obiettivo da porsi in questo momento è far passare il messaggio, e tenerlo ben saldo di fronte all'opinione pubblica, che c'è anche un'altra campana, ci sono anche altre ragioni, ci sono anche altre dignità da non calpestare. Le stesse prese di posizioni dei giocatori che quei titoli li hanno vinti saranno scontate e prevedibili sono utili a ricordare le ragioni che andrebbero perse prendendo decisioni affrettate.
LE RICADUTE
Queste le carte in tavola, poi ci sono gli effetti collaterali. Innanzi tutto il coinvolgimento dei tesserati. Simone Pianigiani potrebbe essere il primo a essere squalificato per evasione fiscale nella storia del basket, che pure è un mondo che attraverso il tribunale di arbitrato della Fiba ha scoperchiato un po' di casi singolari nella sua storia... Poi se si vorrà andare fino in fondo, ci sarà da ricordare che non c'è solo Pianigiani, ma già dall'8 maggio 2014 erano emerse le posizioni di 25 tesserati sotto indagine per evasione fiscale, di cui 17 denunciati perché al di sopra di quella che era allora la soglia di punibilità. Di fronte alla giustizia sportiva la soglia non conta, e allora la giustizia richiederebbe di squalificarli tutti e 25, o anche di più se il numero è aumentato. L'unico dei nomi emersi allora che oggi gioca in Serie A è Rimantas Kaukenas, ma anche chi gioca altrove ne sarebbe passibile. E' verosimile uno scenario di squalifiche di massa?
E se si vuole andare fino in fondo, non possono non saltare delle teste in una Federazione il cui organo di controllo per sei anni avrebbe permesso a una società, neanche una poco visibile, di partecipare al campionato con bilanci falsi. Si vuole andare fino in fondo?
Poi c'è la vita della Mens Sana attuale, che a livello di immagine ne risente ogni volta che si parla di inchiesta. Com'è possibile? Dovrebbe essere chiaro a tutti che sono due società distinte, tra cui si è voluta marcare la discontinuità a volte anche in maniera dozzinale, pur di farlo! Invece è possibile. Perché risulta, evidentemente non per conoscenza diretta ma da fonti qualificate, che il ritorno del nome della Mens Sana sulla scena pubblica in riferimento alla possibile revoca dei titoli abbia richiesto di rassicurare aziende interessate ad affiancare la nuova Mens Sana. Poi essere a tutt'oggi senza sponsor autorizza a ironizzare sul fatto che queste aziende siano fantomatiche, per carità, ognuno la prenda come vuole. Questo è quanto risulta, e non è una bella ricaduta, perché il presente è fatto di una situazione di tipo economico ancora alla ricerca di ossigeno. E anche su questo fronte sarebbe utile mobilitarsi.
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