domenica 3 gennaio 2016

Dopo Barcellona e Omegna, Biella

Non c’è due senza tre. La sconfitta della Mens Sana a Biella fa scopa con quelle di bassa classifica anche a Barcellona e Omegna che, in maniera diversa, rappresentano i massimi rimpianti di un girone di andata chiuso in par, per dirla come si farebbe nel golf. Sette partite si giocavano in casa e sette vittorie sono arrivate, otto in trasferta e otto sconfitte, col k.o. con Tortona e il blitz ad Agrigento a pareggiarsi. Che poi era la proiezione di campionato a cui era realisticamente attesa la Mens Sana.

Eppure bastava così poco per chiudere con 2, 4 o anche 6 punti in più, con cinque partite perse punto a punto... Quattro punti in più significava essere terzi, e soprattutto significava essere a +8 invece che a +4 dal penultimo posto. Rispetto a Barcellona e Omegna (svolgimento più simile a Barcellona, con vana rimonta finale da -13 a -1), stavolta la Mens Sana ha giocato. E non solo in quei cinque minuti in cui con un 19-0 ha ribaltato la partita dal -15 al +4.

A -16 prima del riposo, la Mens Sana aveva giocato un primo tempo normale in attacco. La sua partita, in fase offensiva. Ma l'anomalia erano i 48 punti subiti fin lì, come poi i 73 dopo tre quarti: figli di errori propri e cose che non si possono controllare. Gli errori propri sono quelli che hanno impedito di mettere la partita sui propri binari con gli accorgimenti difensivi: "Abbiamo preparato la partita per non lasciare a Ferguson la sua mano preferita, poi in gara gliel'abbiamo lasciata dieci volte e lui ci ha fatto 32 punti", ha fatto un esempio Ramagli a fine partita.

La difesa è stata inconsistente, e anche quando ha funzionato poi le troppe seconde opportunità concesse hanno rovinato tutto: nel primo tempo Biella ha preso 8 rimbalzi d'attacco contro gli 11 in difesa della Mens Sana, che sommato alle sole quattro perse biellesi del primo tempo (altro dato per dire che qualcosa in difesa non ha funzionato) ha dato 7 possessi di differenza. Poi va bene avergli concesso troppo spazio, ma De Vico una partita da 25 punti in carriera non l'ha mai fatta. Va bene che in difesa ci sono stati problemi, ma Biella una partita da 40% da tre in stagione non l'ha mai fatta, era penultima del campionato col 30%...

Se in attacco la Mens Sana era stata sé stessa anche nel primo tempo, sul -20 ha continuato a giocare, a mettere la palla dove andava messa, anzi forse anche meglio di prima. Ma non è un caso che la Mens Sana si sia rimessa in partita non nel quarto in cui ha segnato 24 punti (il terzo) ma in quello in cui è riuscita a tenere Biella senza segnare per cinque minuti, durante i quali l'Angelico ha perso tanti palloni (7) quanti ne aveva persi nei primi 30 minuti. Poi nel finale le giocate di talento di Ferguson e Hall hanno avuto più efficacia di quelle di Roberts.

Il tutto abbassando il quintetto prima con Cucci-Udom, poi con Ranuzzi-Cucci. Molto bravi. Certo per motivi tattici, ma non solo, e dopo un po' di volte si può dirlo: DiLiegro ha dimostrato che il problema non è il ginocchio, è la testa. Lo è stato a Roma, lo è stato con Casalpusterlengo, lo è stato meno con Ferentino. Non è Danilovic, che la mette sull'agonismo e poi la vince: per gli avversari è troppo facile toglierlo dalla partita facendogli perdere il lume della ragione. La Mens Sana non gli chiede di fare Shaq, gli chiede affidabilità. Così è inaffidabile.

"Mi lascia positivamente impressionato quell'ultimo quarto con tanta energia - ha detto Ramagli -, mi fa incazzare come un toro che non l'abbiamo messa dall'inizio, per far giocare a Biella una partita così importante per quaranta minuti sotto pressione, che invece per trenta non c'è stata". In casa si è stati capace di giocare sui tarli di Reggio e Ferentino, fuori ancora no. E però, anche se dai risultati non si capisce, il filotto di prestazioni Rieti (in parte)-Casalpusterlengo-Ferentino-Biella dice che la Mens Sana un minimo di continuità nelle proprie cose la sta trovando, con tutti i limiti noti. Perché si trasformi in risultati, serve di trovarla anche nella propria metà campo. Che dovrebbe essere più facile: il tiro può entrare o meno, ma difendere si può sempre.

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