lunedì 4 agosto 2025

Il Marine e quella missione speciale: la prima Mens Sana in testa alla Serie A. Il ricordo

“Bonamico occhio, ti do un chiocco” ammoniva uno striscione presente al palasport della Mens Sana un po’ di anni fa.
 
Era il tempo in cui Marco Bonamico era la voce tecnica del basket RAI e tra il serio e il faceto quel due aste gli rimproverava di non si farsi certo venire l’ernia nel parlare in termini entusiastici della Mens Sana, negli anni in cui la realtà biancoverde provava a cambiare volto e credibilità non solo in Italia.
 
Ci si aspettano sviolinate e parole dolcissime dagli ex, come spesso è, ma il caso di Marco è un po’ diverso, forse perché genovese di nascita e attento con le parole così come leggenda vuole i suoi concittadini siano col denaro o forse, e soprattutto, perché l’uomo Bonamico rispecchiava al microfono la schiettezza del giocatore che fu in gioventù.

per gentile concessione di Augusto Mattioli

 
Un ex per aver vestito il biancoverde per una sola stagione, ma al tempo stesso dal grande peso specifico per quanto significò all’epoca.
Il suo arrivo a Siena nell’Ottobre del 1978, fresco di quarto posto con la nazionale italiana ai Mondiali di Manila, beffarda e cocentissima delusione maturata per un canestro a fil di sirena del playmaker brasiliano Marcel de Sousa, elevava la neopromossa squadra senese su un piano non convenzionale per una provinciale che non fosse Varese o Cantù, e che sì aveva già avuto i suoi nazionali, ma quando ormai erano da tempo degli ex azzurri.
 
Bonamico invece nel giro c’era eccome, motivato e vigoroso elemento del necessario e programmato rinnovamento della squadra di coach Giancarlo Primo.
Il fatto che un nazionale, stella emergente del basket continentale, venisse in provincia sebbene in prestito, suscitava le attenzioni degli addetti ai lavori e proiettava gli appassionati biancoverdi ben oltre il sogno, dentro quell’agognata grandeur che invece si sarebbe effettivamente materializzata quasi venticinque anni dopo con la lucida follia di Ataman.
 
Troppo alto poi il livello del giocatore per una conferma l’anno successivo. La Virtus Bologna, proprietaria del cartellino, lo indirizzerà a Milano ai cattedratici precetti di Dan Peterson per fargli vivere un’ulteriore crescita e un playoff ancor più profondo e ricco di quello giocato in biancoverde, prima di riportarlo in bianconero per farne sua colonna per anni.
 
Marco il Marine, soprannome mutuato dallo stile di gioco aggressivo sui due lati del campo e votato al sacrificio. Proprio come i reparti speciali dell’esercito U.S.A.
Con quelle scarpe Nike dal baffo celeste, le prime viste sui parquet italiani, lo ricordo innervare di energia e incoscienza la Cenerentola che arriva a Palazzo Reale e cattura tutte le attenzioni: primi in classifica a Natale!
Era la prima volta che i biancoverdi si accomodavano tanto in alto.
 
Certo non era da solo (Bucci, Fernsten, Quercia gli altri grandi protagonisti, Ceccherini, Giustarini, Tassi gli insostituibili attendenti), ma il suo fuoco indomabile dava a compagni e pubblico quel qualcosa in più che non tutti… anzi, che solo pochissimi sono realmente in grado di dare.
Si contano sulla punta delle dita di una mano. E in questo caso avanzano.

dall'archivio di Gabriele Grandi
 
Escluso Roberto Premier, a memoria ho difficoltà a individuare un giocatore contemporaneo altrettanto generoso e con quella dote che non si può allenare: il cuore.
Non faceva né provincia né regione, perché quel cuore era grande come un intero meridiano geografico.
 
Una ferita allo zigomo o il sangue dal naso, un duro colpo al costato o altrove: questo aspettava Bonamico quando mordeva arcigno in difesa o in attacco si buttava nelle trafficate aree, con i centri che erano centri veri, pesanti e corpulenti, non gli odierni ibridi. Che Marco il tiro da fuori, meccanica da censurare, lo sistemerà un pochino solamente più avanti in carriera. Andava al rimbalzo, entrava, si lanciava e se prendeva un colpo o cadeva, pazienza, si rialzava e riprendeva a giocare come i ragazzi di una volta facevano al campino.
 
Una generosità rara che lo porterà a essere protagonista anche di un duello da ring con Jim Thomas della Scavolini Pesaro. Silk, seta, il soprannome del coloured pesararese, meraviglioso per la morbidezza dei movimenti in campo, ma un caratterino di carta vetrata.
Marco come sempre è in missione speciale nella metà campo difensiva, ma le sue attenzioni sollecitano Thomas, che reagisce. E’ un uno-due rapidissimo per entrambi, che dopo quel primo fitto scambio assumono la postura del pugile in guardia per essere poi allontanati dai compagni. Inevitabile la doppia espulsione.
 
A differenza di molti altri ex mi sento di dire che Bonamico non conservò negli anni grandi relazioni in Città. Merita tuttavia un posto di rilievo nei ricordi biancoverdi per due motivi.
Primo: l’arrivo proiettò la Mens Sana a un livello di considerazione superiore, come detto sopra.
Secondo: con la sua sorda generosità incarnò precisamente il modello di professionista che da sempre incontra le preferenze dei sostenitori senesi.

Non poco. Niente affatto.

Ciao Marine, riposa in pace. 

Gabriele Grandi



*** 

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19 maggio 1973 

 

 

 

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