sabato 10 maggio 2025

La Mens Sana dopo Paolo Betti

La scelta della Mens Sana, si capisce anche tra le righe del comunicato di commiato, era proseguire il progetto tecnico con Paolo Betti. Più che una scelta, forse, il naturale ordine delle cose: non per inerzia passiva, ma per convinzione della bontà del lavoro in corso. Con l'idea, già abbracciata un anno fa quando poi non fu possibile darle un seguito, di inserire a supporto nello staff - a supporto proprio per non toccare il vertice dello staff, in cui si è sempre creduto - una qualche figura professionistica, obbligatoria per alzare l'asticella, per adeguare cioè il sistema e il metodo ad ambizioni più alte. 
 
A un progetto differente si sarebbe pensato quando se ne fosse manifestato il bisogno, o la volontà. E questo spiega perché non c'è già un nome immediatamente pronto ora che quel bisogno si è manifestato. Ora che Paolo Betti, con una scelta che da qualche tempo si sapeva che potesse essere sul tavolo, ha deciso per motivi personali di lasciare il ruolo di capo allenatore della Mens Sana. Così a un progetto nuovo ci si trova a dover pensare per forza. Realisticamente immaginando ora, non certo per obbligo (tutto è ancora aperto) ma per logica, che l'arrivo di un professionista a questo punto non sia all'interno dello staff, bensì alla sua guida. 
 
Non essendo probabilmente neanche in agenda, non era verosimilmente la scelta dell'allenatore la priorità dell'estate mensanina. Fare le cose con ordine imponeva di iniziare da un giro di consultazioni coi partner per delineare le prospettive future, le possibilità di crescita. A partire evidentemente da Note di Siena innanzi tutto e anche Betsson, compagni di viaggio che hanno dato fiducia alla Mens Sana quando era in C1, con cui capire i margini per riparametrare questo legame al desiderio adesso di fare una Serie B2 con ambizione. Perché questo chiede la piazza, poi magari il campo dirà altro ma programmaticamente è lì che bisogna guardare. Dove si vorrebbe andare è chiaro, ma non basta volerlo. Trovarsi a cercare un nuovo allenatore in un momento in cui si è a metà del guado di questo giro d'orizzonte, quando i desideri non hanno ancora la concretezza di un programma perché le disponibilità sono tuttora in corso di valutazione, non aiuta a dare chiarezza oggi al progetto di crescita con cui presentarsi ai papabili per la panchina. 
 
Fosse rimasto Paolo Betti, sarebbe stato giusto valutare se qualcuno tra i giocatori cominciasse già da qualche tempo ad aver bisogno di una voce diversa. Ora ci sarà. E la costruzione della nuova Mens Sana passerà certo dalle citate disponibilità economiche, laddove l'auspicio - compresa l'implementazione dello staff e della foresteria, oltre che di maggiori risorse sulla squadra - è di presentarsi con un budget per la squadra superiore del 50 per cento a quello dell'inizio della scorsa stagione, quando le stime prudenziali non potevano ancora tenere conto del boom di abbonati più che raddoppiati rispetto all'anno prima, e dunque di qualche decina di migliaia di euro di maggiori risorse da botteghino: è un bel salto, ma meno ampio se si considera che gli interventi a stagione in corso (grazie alle disponibilità aggiuntive) hanno poi fatto salire del 20 per cento quella quota iniziale, assottigliando dunque il gap da colmare adesso. 
 
Se il logico passaggio successivo per salire di livello poteva sembrare, con una sintesi spannometrica ma abbastanza efficace, sostituire gli ultimi tre uomini della rotazione (uno per ruolo, per dire) con tre giocatori con qualità da titolare, e così elevare sicuramente il livello, la costruzione della nuova Mens Sana passerà adesso anche dall'inevitabilità che chi arrivi non potrà dare indicazioni al 100 per cento in continuità con quelle di Betti, ma porterà in maniera sacrosanta le sue idee, che saranno differenti. E a questo si aggiunge anche lo scenario regolamentare incontrollabile della reintroduzione dei giocatori Under, nella misura di due Under 21 (2005 e seguenti) nei dieci, che complica ulteriormente il quadro della costruzione della squadra col desiderio di farla salire di livello.
 
Professionista non è di per sé sinonimo di "più bravo", come si è visto tante volte contro avversari che ci si è trovati di fronte anche quest'anno, ma è la definizione (non qualitativa ma quantitativa) per inquadrare una figura che possa dedicarsi a tempo pieno: del valore aggiunto che porta se è l'allenatore giusto ci sono dimostrazioni nelle altre società di Siena, con Evangelisti e Belletti. E d'altra parte prendere giocatori professionisti, come il livello e le mire imporranno sempre di più, e non avere una struttura dello stesso tipo per impiegarli e impegnarli davvero come tali, significa fare un uso evidentemente inefficiente degli investimenti tecnici che si è deciso di fare.
 
Non era l'obiettivo di quest'analisi, ma è la circostanza a imporre ora - altrimenti quando - un bilancio del biennio con Paolo Betti. Partire dalle qualità umane con cui ha saputo rapportarsi con l'ambiente, e farsi apprezzare, significherebbe far passare in secondo piano la cifra tecnica di un coach che ha fatto vedere il proprio livello, professionista o meno. In un mestiere, quello dell'allenatore, che si tende a giudicare per la capacità di essersi dimostrati in ogni singola partita più furbi, astuti e sagaci dell'avversario e di essere riusciti a "incartarlo", parametro in cui il percorso netto non esiste, forse il buon senso consiglia di darsi un orizzonte di più lungo termine per valutare il lavoro tecnico. Magari sulla base di aver saputo portare i singoli da un punto A a un punto B. O, frase fatta che rende l'idea, di aver saputo far esprimere la squadra oltre la somma delle sue singole parti. E in questo il biennio di Paolo Betti è stato oggettivamente da applausi, anche provando ad astrarlo da quanto sia stato emotivamente coinvolgente. In attesa del prossimo capitolo.
 
 



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19 maggio 1973 

 

 

 

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