lunedì 17 luglio 2023

La nuova Mens Sana Basketball: il senso, i protagonisti, gli scenari di una mossa obbligata

Il volto in copertina, assolutamente, è quello del nuovo presidente Francesco Frati. Non come specchietto per le allodole, bensì - auspicabilmente - simbolo di una fase nuova, che naturalmente non dipenderà solo da lui. Ma nel rifacimento societario con cui la sezione basket della Polisportiva (Mens Sana Basketball Academy) si è reincarnata nella Mens Sana Basketball s.s.d.a.r.l. (codice di affiliazione 055934), al momento l'elemento nuovo più importante della nuova compagine è la prima tessera dell'effetto domino di questo cambiamento: l'ingresso anche dell'Associazione, a testimoniare che i tifosi ci credono al punto di voler essere a bordo. Per quel che significa, un importante punto di partenza. Non certo di arrivo.
 
I FATTI, IN SINTESI
 
Il 4 luglio la Mens Sana ha annunciato la nascita del nuovo soggetto, con la nuova denominazione Mens Sana Basketball, una società sportiva dilettantistica a responsabilità limitata. E' quello che è sempre stato definito "spin off", ovvero l'uscita del basket dalla Polisportiva non solo in quanto sezione autonoma ma proprio come soggetto distinto giuridicamente. Soggetto che eredita il titolo sportivo (per la disputa della Serie C Unica) dalla Mens Sana Basketball Academy, denominazione che (rimasta in pancia alla Polisportiva) si occuperà solo di settore giovanile come società satellite del nuovo soggetto.

La nuova società costituita ha un capitale sociale di 10mila euro e due soci: con l'85% delle quote la Polisportiva, con il 15% Unico snc, sinonimo di Etruria Retail, la realtà a cui fanno capo i punti vendita in questo momento a marchio Carrefour Market. Presidente della nuova società è stato designato l'ex rettore dell'Università Francesco Frati, a capo di un cda composto anche dai tre rappresentanti della Polisportiva Filippo Mascia, Andrea Corsini (entrambi vicepresidenti) e Alessandro Favilli, e da Claudio Ridolfi come espressione di Unico snc.
 
CHI SONO I SOCI
  
Non una rivoluzione copernicana, a vedere la compagine societaria. E sia chiaro, non significa banalizzare la presenza di Etruria Retail, ma non è neanche giusto considerarlo una novità assoluta per una società che è vicina al basket mensanino da anni, con un ruolo stabilizzante - da sempre vicina alle giovanili - già nella prima ripartenza del 2014, nel 2019 e non solo. Nulla da dare per scontato, ma si tratta di una scelta di vicinanza continuata, non di una novità. E' comunque al momento ingresso in una società che era della Polisportiva, e della Polisportiva al momento resta, all'85%, una quota che risponde più al valore immateriale dell'"avviamento" (nome, colori, giovanili) che a un riferimento economico. Sul lungo termine, cioè nell'ottica futura di un distacco effettivo più sostanziale anche nelle quote sociali, restano le incognite delle dinamiche che si creeranno nei rapporti tra il nuovo soggetto e la Polisportiva, sulla base delle tante frizioni passate in situazioni analoghe.
 
Se viene meno l'argomento di dibattito dell'utilizzo del palazzetto, che ora fa capo al Comune (e al momento la gestione non è stata affidata alla Polisportiva), resta la dialettica sul settore giovanile: rimasto sotto la casa madre nel nome della continuità dopo le brutte esperienze passate, le questioni tecniche ed economiche della gestione restano un tema su cui trovarsi d'accordo. Aprendo una parentesi: "Academy" sarà solo un nome - o anche no - ma almeno torna a essere usato in maniera coerente all'idea con cui era nata. Comunque, nell'impossibilità di escludere a priori degenerazioni nei rapporti analoghe al passato, i diretti interessati predicano ottimismo sulla base delle diverse persone che stavolta sono chiamate a gestire la convivenza. L'esperienza a qualcosa dovrà pur servire.
 
COSA SIGNIFICA QUESTO CAMBIAMENTO
 
Senza giri di parole, è cronaca dire che il basket della Mens Sana si è staccato dalla Polisportiva senza staccarsi. Gioco delle tre carte? Piuttosto, uno di quei solitari in cui si provano tutte, muovendo le carte nella speranza che - muovendo - escano quelle giuste per andare avanti: potrebbero anche non uscire mai, ma l'alternativa è arrendersi a non fare niente. Lungo una strada in cui si è saliti dalla Promozione alla Silver (senza passare dalla Serie D) e poi alla Gold, senza aver vinto campionati sul campo, in termini societari le carte non sono cambiate di molto rispetto al punto di partenza del 2019: in assenza di nuovi elementi per il rilancio (perché lì è il punto) è l'unica cosa, o comunque la cosa migliore, che si potesse fare piuttosto che restare fermi. Ne è una dimostrazione la scelta di dodici mesi fa di accettare la Gold invece di restare in Silver: un anno dopo la Mens Sana si ritrova dove si sarebbe ritrovata comunque, nella nuova Serie C Unica, ma accettare la sfida ha permesso di vivere un anno di crescita per tutto l'ambiente, invece di restare nello stesso campionato ad atrofizzarsi. E probabilmente a spegnersi.
  
E' il passo giusto? Nelle chiacchiere si era sempre detto che rimanere sotto il controllo della Polisportiva era un ostacolo oggettivo alla possibilità di attrarre soggetti interessati. Il tema piuttosto è: se questi soggetti ci fossero (e si spera di sì), qual è il senso di venire a mettere soldi per poi decidere fino a un certo punto? Al di là delle quote societarie (un punto centrale ma non esaustivo: nella vecchia Mens Sana Basket la Polisportiva aveva l'87% già prima della sponsorizzazione Mps) fin qui il limite era doversi relazionare con una gestione che, per la propria diversa e necessaria natura, non lasciava spazio a slanci in avanti, rendendo impossibile una crescita oltre un livello che però non è consono a quello che la Mens Sana è sempre stata. Oggi quei soggetti interessati il basket mensanino non li ha ancora trovati e resta di proprietà della casa madre. Ma, con questa nuova struttura societaria, si è messo giuridicamente in condizione di camminare sulle proprie gambe se questi nuovi soggetti arrivassero. Ora si vedrà fino a che punto il problema era quello, o se proprio non c'è interesse per fare basket alla Mens Sana. Ma per farlo altrove, in città, l'interesse c'è... 
 
PERSONE E RUOLI
  
Nel nuovo cda non c'è Riccardo Caliani, che della ripartenza del 2019 è stato un motore e lo è stato anche di questo cambio societario. Per questo è logico aspettarsi, e non risulta in discussione, che continui ad avere un ruolo nella Mens Sana. Ma ha senso che il suo ruolo sia dirigenziale, come braccio operativo della Mens Sana, e non "amministrativo" all'interno del consiglio, in cui sarebbe in rappresentanza di uno solo dei soci. Che significa anche, reciprocamente, non avere un legame obbligato ma un rapporto volontario e voluto. Con un ruolo che auspicabilmente possa diventare sempre meno "sportivo", cioè legato a quell'ambito tecnico che forse - a un occhio esterno - è stato fin troppo impegnativo in questi anni. Un ruolo che invece, come sempre invocato da queste righe, possa evolvere sempre più sull'ambito manageriale e commerciale, per un'espansione della compagine societaria che a questo punto - avendo scelto di camminare sulle proprie gambe non si scappa - diventa la priorità assoluta,. Perché l'alternativa - se questa espansione non ci sarà - è che il basket mensanino non abbia futuro.
 
Al di là della contingenza - cioè (e si sapeva) la ricerca innanzi tutto di un nuovo title sponsor perché Named dovrebbe restare a fianco della Mens Sana ma a cifre più basse e dunque con un diverso tipo di sponsorizzazione - il lavoro più importante diventa la ricerca di investitori. A dirlo bastano poche parole, occuparsene con efficacia è discretamente più complesso e non è che in questi anni non si sia provato. Eppure, per quanto enorme, è solo una parte del lavoro, perché poi il ruolo di una persona dedicata è anche capire come eventuali nuovi soggetti (nello scenario auspicato che arrivino) possano stare insieme e restare in equilibrio con la soddisfazione di tutti, a partire dai paletti ancora tutti da decidere per chi chiedesse di entrare in società. Staccarsi e diventare una società autonoma non ha cambiato l'orientamento, anzi con le spalle ancor più scoperte se possibile l'ha anche rafforzato, di continuare a pensare a un passo alla volta, al costo di far sognare un po' meno i tifosi (capirai il sogno... una categoria più su non è certo l'Eurolega...), ma con la responsabilità di non mettere di nuovo a rischio tutta la costruzione. Secondo quanto risulta, già dopo la notizia che questo spin off da idea è diventato un dato di fatto ci sarebbero state richieste di informazioni nuove, ma al momento anche solo parlarne non ha senso. 
 
Una figura determinante nel modo di porsi della nuova Mens Sana è quella del presidente scelto, Francesco Frati. Un ruolo chiave, al di là della passione per la Mens Sana che gli riconosce chi lo conosce. La sua statura pubblica, il suo impegno professionale e accademico, la sua storia da ex rettore dell'Università lo rendono un uomo di garanzia anche nei confronti della città, per restituire alla Mens Sana quella credibilità intaccata da troppe traversie, e un nome spendibile sia a Siena che fuori, per la capacità di mettere a disposizione del progetto la propria reputazione ma anche le proprie relazioni. Parliamo in sintesi di una realtà che adesso agli occhi di potenziali imprenditori può vantare la disponibilità di un palazzetto di proprietà pubblica (che significa rapporti con l'amministrazione comunale), un presidente di qualità con un'immagine pulita e non riconducibile alla Polisportiva, che dal cambio societario esce ridimensionata da partner obbligato a soggetto istituzionale che può essere un valore avere a bordo. E in più l'appoggio fattuale di quella che (insieme alla storia) resta la ricchezza più importante della Mens Sana: la propria gente. E questo è un altro discorso che merita un capitolo a parte.

IN SOCIETA' 
 
Prima i fatti, ancora. 
 
L'Associazione Io tifo Mens Sana pochi giorni dopo la costituzione della nuova società ha deliberato la partecipazione al capitale sociale della Mens Sana Basketball s.s.d.a.r.l. con circa 3000 euro dei propri fondi, con l'inserimento di una persona in cda, il cui nome è ancora in attesa di ratifica. 

I fondi dell'Associazione, che per statuto devono essere destinati tutti alla Mens Sana, altro non sono che il denaro raccolto col tesseramento: parliamo di un organismo che conta a oggi circa 300 soci, cresciuti di un terzo nell'ultima stagione con la presenza fissa col proprio banchino alle partite. Dentro questo numero c'è anche in misura importante la componente della curva (nell'ordine di circa 60-70 persone), che esprime uno dei due vicepresidenti, Francesco Savelli, mentre l'altra vicepresidente è Laura Bucci, di supporto al presidente Stefano Parrini. Un organismo, l'Associazione, che non ha la presunzione di rappresentare tutti, ma che sicuramente dei tifosi è l'entità più rappresentativa. 

LA PARABOLA DELL'ASSOCIAZIONE 
 
Non per ricominciare dal caro babbo, ma l'Associazione Io tifo Mens Sana di oggi è lontana da quello che era stata quando era nata: un movimento esploso dal basso in una coordinata eppure spontanea sollevazione civica che nella primavera 2016 ha a suo modo fatto la storia,  una mobilitazione capace di raccogliere più di 250mila euro da circa 600 persone che ha salvato (almeno per qualche anno) dal fallimento una Mens Sana uscita dalla promozione 2015 con una programmazione economica dalle gambe troppo corte. Onore al merito della repubblica del basket di Siena, motore di un'utopia: che una Mens Sana post Monte dei Paschi e oltre la Polisportiva fosse possibile, grazie alla sua gente. 

La difficile prova di passare da soluzione d'emergenza a capire come diventare un elemento di stabilità, sommato alle note vicissitudini societarie, hanno significato un cambio di pelle passato anche per personalità discutibili e nuovi mostri. Fino alla fotografia di quello che l'Associazione era diventata quando il fallimento, solo rimandato, è comunque arrivato nel 2019 per altre mani: non certo carnefice, ma con dolorose colpe - fino all'ultimo, in alcune componenti - se non di complicità sicuramente di fiancheggiamento degli impresentabili. Esaurita a quel punto la missione iniziale per cui era nata, e con una considerazione oggettivamente da ricostruire, l'Associazione ha mantenuto il nome e il vissuto di quell'esperienza triennale, ma ha dovuto per forza ripensarsi e oggi è una realtà molto diversa a cui va dato atto del percorso interessante maturato da allora. A partire dall'apertura ad altre componenti: non solo la citata curva ma anche chi di quella prima esperienza era stato anche molto critico, tutti a bordo nel nome del più importante scopo comune. 

COSA ASPETTARSI

Il percorso ha lasciato auspicabilmente alcune lezioni. Innanzi tutto, ma questo nessuno l'ha mai messo in discussione, di non poter essere il tipo di socio che con continuità immette soldi nel capitale sociale: il sostegno anche economico dei tifosi arriva già in altre forme. Poi il corto circuito forse inevitabile, o forse no, tra attribuirsi il ruolo di controllori ed essere nella stanza dei bottoni, e dunque uno dei soggetti da controllare, così irrimediabilmente sospesi tra il rischio di un appiattimento eccessivo in nome della costruttività o quello opposto di un eccesso di controcanto dissonante col contesto. Irrisolvibile questione filosofica, forse, mentre molto più concreta è la deriva, già vissuta, di voler entrare in questioni tecniche invece di lasciare che se ne occupi chi lo fa di lavoro, e ne ha le competenze, magari anche discutibili ma di certo affermate negli anni. Quello che resta, per sottrazione, è il ruolo di chi sappia stare in società non per comandare (peraltro magari con soldi di altri) ma per dare un contributo: di cultura, di passione, di manodopera. E qui siamo alle specialità della casa, su questo è certo che si possa contare.
 
Il tifo genericamente inteso rappresenta introiti da circa 30mila euro di incassi annuali tra abbonamenti e biglietti: non vedere salire a bordo una componente di questo tipo sarebbe stato evidentemente un segnale negativo, viceversa questa mossa di un'entità come l'Associazione (i cui soci sono circa per tre quarti abbonati Mens Sana) certifica alla città, alle istituzioni, alle aziende che già ci sono, agli sponsor che potranno esserci, che c'è uno zoccolo duro che segue da vicino questo nuovo capitolo, vuole partecipare e ci crede. Già soggetto capace di porsi come interlocutore, ma anche massa critica in termini di appeal commerciale per dare agli investitori un'idea della base che la Mens Sana si porta dietro, in qualità di socio - e non di soggetto esterno - l'Associazione ha i titoli anche per dare una mano, con le proprie relazioni, nella ricerca e reclutamento di nuove realtà economiche interessate ad avvicinarsi (e mai come in questo momento c'è bisogno di risorse per la squadra...). A nessuno sfuggono gli errori fatti in passato con la non-strategia dei cani sciolti: un'altra lezione di cui far tesoro il cui significato non è necessariamente che non si possa fare, ma piuttosto che per farlo bisogna strutturarsi e coordinarsi seriamente
 
IN CONCLUSIONE

Se sembra di essere cascati in discorsi già fatti e rifatti in altri tempi, è comprensibile che risentirli faccia scattare l'orticaria per dove quell'epoca ha portato, cioè la tragicommedia di Filippo e Massimo Macchi e della loro claque. Ma non perché quei princìpi e quelle idee in sé siano sbagliati o non abbiano senso. Non è ineluttabile che il futuro debba essere per forza una ripetizione del biennio 2017-2019, aspettarsi figure magari credibili ma anche solo presentabili - invece che dedite alla cialtroneria e al malaffare - non è una pretesa così ambiziosa, ma solo il naturale ordine delle cose. C'entra il bisogno umanissimo di avere qualcosa in cui credere, con la diffidenza di chi si è ripromesso di non voler più essere credulone. Anche perché l'alternativa, si torna lì, è abbandonarsi all'inerzia nell'attesa del cavaliere bianco che non c'è, o che la fiammella finisca fisiologicamente per spegnersi. 
 
  
 
 
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