mercoledì 25 ottobre 2017

Dritti come un treno verso il ritorno al Coni

Il déjà-vu di una sentenza già vista - identica a quella di appello di dieci mesi fa - ha aperto il secondo processo alla Mens Sana con una camera di consiglio di tre ore del Tribunale Federale, che tanto aveva già da qualche giorno in mano tutte le memorie ed evidentemente si è presentato già all'udienza con le idee abbastanza chiare. E d'altra parte la vicenda, già dai giudizi precedenti, ha abituato a camere di consiglio molto rapide.

Non c'è bisogno di aspettare le motivazioni, annunciate entro dieci giorni, per immaginare che come nel dicembre 2016 ricorreranno più o meno tutte le parti. Sicuramente lo farà Minucci, radiato, sicuramente lo faranno la Polisportiva (già deciso) e la Mens Sana Basket 1871 (anche se si aspetta il ritorno di Bertoletti all'indomani della sentenza per ratificarlo) contro la nuova revoca dei titoli 2012 e 2013: due scudetti, due Coppe Italia e una Supercoppa.
 
L'identica (rispetto al primo processo) impermeabilità alle eccezioni sollevate dalle difese, ancor prima di entrare nel merito, lascia pensare che anche in appello, finché si resterà all'interno della Federazione, l'esito non cambierà di molto: l'arrivo di nuovo al Collegio di Garanzia del Coni pare una previsione facile. E non c'è bisogno di aspettare le motivazioni per immaginare su cosa si baseranno i ricorsi, anche se a quanto già noto si sono aggiunti elementi nel corso dell'udienza, anche per come si è svolta.

In realtà all'udienza, non breve, si è discusso poco del merito - di cui da un anno e mezzo si snocciolano le argomentazioni di entrambe le parti - e molto di questioni preliminari, tante erano. E tante restano. Una, importante, resta in piedi, offrendo il fianco al ricorso delle difese. Ovvero la decisione della Procura Federale di basare il giudizio sull'atto di deferimento originario, non avanzandone uno ad hoc anche alle due nuove parti di cui il Coni ha imposto l'integrazione nel contraddittorio, la Polisportiva Mens Sana e la Mens Sana Basket 1871, ma chiedendo la revoca dei titoli vinti solo nei confronti della fallita Mens Sana Basket.

Ma se un anno fa Polisportiva e MSB 1871 potevano essere integrate nel contraddittorio come "semplici" parti portatrici di un interesse, è stato il Collegio di Garanzia ad andare anche oltre. Arrivando perfino a dichiarare che i titoli vinti dal vecchio club - anche per i passaggi federali tra vecchio e nuovo di cui si dirà tra poco - possono oggi considerarsi appartenenti a chi ne ha raccolto l'eredità: "La rilevata assenza di una cesura storico-sportiva,che si riflette per quanto qui interessa sulla continuità sportiva tra le società in comparazione, finisce per attrarre nella sfera di competenza della società che prosegue l’attività sportiva anche i trofei conseguiti nel corso della storia del basket cittadino". Per questo la revoca non può essere contestata solo al club fallito ma anche agli eredi, come in ogni caso di eredità (e legarli sarebbe stato forse anche un modo per by-passare la prescrizione, che interviene altrimenti in caso di un deferimento deciso oggi).

Era stato proprio il Coni a dire, in maniera che più esplicità non si può, che Polisportiva e MSB 1871 "sia per la continuità  storico-sportiva  appena  argomentata, sia per l’attrazione alla propria sfera dei trofei revocati,  costituivano  invece parti  necessarie  di  quei  giudizi nei  quali  avrebbero  dovuto  essere coinvolte sin dalla fase del deferimento". Nonostante l'indicazione chiara di doverle coinvolgere anche nel deferimento, la Procura si è messa al di sopra del Collegio di Garanzia, ignorando la richiesta specifica attorno a cui il Coni aveva chiesto di rifare il processo.

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La saldatura individuata dal Collegio di Garanzia nasceva in un momento chiaro, ovvero quello in cui la Federazione nell'estate 2014 (sintetizziamo) contestualmente escluse dalla Serie A la Mens Sana Basket in fallimento e iscrisse la nuova Mens Sana 1871 (Polisportiva) alla Serie B, visto "il pregnante elemento rappresentato dalla medesimezza del contesto cittadino senese che, di per sé, valeva a identificare con sicuro tratto di continuità l’intera operazione". E' questa continuità, ha detto il Coni, la spiegazione al fatto che la nuova Mens Sana non fosse stata iscritta invece a un campionato a libera partecipazione.
  
Ai tempi c'era già un'inchiesta aperta, non solo penale ma anche sportiva, con misure cautelari già adottate in entrambi gli ambiti. E la decisione di escludere la Mens Sana dalla Serie A (in ossequio ai regolamenti) e farla ripartire dalla B era di fatto una sanzione della Fip che come detto era a conoscenza della situazione e delle fattispecie contestate? Pensando oggi a una sanzione diversa, il Tribunale Federale non prende una strada in contrasto con quella scelta dal Consiglio Federale?
  
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E a proposito di chiamata in giudizio, è stato contestato che sia arrivata come convocazione dalla segreteria del Tribunale: trattandosi di un atto di parte non doveva farlo il Tribunale ma la Procura, a cui spetta portare avanti l'azione. E soprattutto c'è la questione della convocazione della fallita Mens Sana Basket (cioè della curatela). Se tutte le parti pensavano che non fosse stata convocata, è perché inizialmente in effetti non lo era stato, ed è stato spiegato così lo spostamento di questa udienza dal 3 al 25 ottobre. Ma anche nella seconda convocazione il vecchio club non è stato convocato insieme a tutte le altre parti, ma con una Pec separata del 29 settembre.

E se sembra una questione senza importanza, sapere della convocazione o meno della Mens Sana Basket ha influenzato la linea difensiva che altre parti sapevano di poter portare avanti, ad esempio l'idea di Polisportiva e MSB 1871 sul far pagare ai figli le colpe dei padri. Oppure, sapendo che il vecchio club era stato convocato, altre parti potevano chiedere istanze istruttorie. Ad esempio il deposito degli atti dell'azione di responsabilità fatta dalla curatela nei confronti degli amministratori citati in giudizio per danni. Gli stessi amministratori (per le stesse condotte) grazie a cui invece in ambito sportivo sarebbero stati conseguiti illeciti vantaggi?

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Tra le altre questioni sul tavolo, resta quella dell'obbligo di arrivare al giudizio entro 60 giorni dalla remissione degli atti, pena l'estinzione del procedimento. Tenendo presente che il fascicolo, chiesto l'8 settembre dalla Federazione, sarebbe arrivato dal Coni l'11 settembre, i 60 giorni scadono il 10 novembre. Non raccoglie l'univocità dei pareri ma resta per alcuni l'interpretazione che per "pronuncia del giudizio di rinvio" (quello in oggetto in questo caso) si intende sia primo che secondo grado, come passaggi intermedi di uno stesso unicum. In quel caso non ci sarebbero più i tempi tecnici perché anche l'appello arrivi a sentenza entro quella data.

Saranno i prossimi gradi di giudizio (appello e Coni) a dire se era l'interpretazione corretta. O se invece, anche considerando il termine per il solo primo grado di giudizio, è corretta la tesi sostenuta da alcuni precedenti che ci sarebbero in sede Coni, per cui i 60 giorni cominciano il giorno delle motivazioni, la cui comunicazione è l'unico atto non conosciuto dalle parti, che per il resto non hanno bisogno di trasmissione di atti che sono già in loro possesso. E tra tutti questi argomenti  ancora non si è entrati nelle questioni di merito. No, la partita è ancora lunga.


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