martedì 3 novembre 2015

Senesi di Serie A: Martino Galasso. Il suo debutto, il suo percorso, le sue parole

Trent'anni dopo l'ingresso in Serie A1 di Claudio Indrizzi, domenica un arbitro senese è tornato ad arbitrare in Serie A. E' Martino Galasso, classe 1982, di cui è capitato di parlare dopo averlo visto alla decisiva "bella" di finale scudetto femminile, che come tutti sapranno nello scorso weekend ha diretto Torino-Cremona. L'orgoglio di parlare delle eccellenze senesi nel mondo del basket, e non sono poche, scalda sempre il cuore. Martino Galasso racconta in prima persona a Palla al Cerchio, con le sue parole, il suo debutto in Serie A.

"All’inizio dell’anno ci è stato comunicato che otto degli arbitri della nostra categoria sarebbero stati scelti per arbitrare alcune gare del campionato maggiore. La prima bella sorpresa è stato apprendere che anche il mio nome era tra quegli otto. Un risultato arrivato dopo un'annata intensa… circa trenta partite disputate in giro per l’Italia, i play off, la finale scudetto femminile…. Poi il messaggio di designazione e il tutto si concretizza: 1° novembre 2015 ci chiamano in Serie A".

"E' stata un'emozione continua, dal lunedì , quando ho ricevuto la designazione. Calcare il parquet della massima serie: un sogno che si avvera, dopo tanti anni di sacrifici e arbitraggi su campi poco gradevoli... Eccoci andiamo ad arbitrare con le migliori tecnologie, provare il precision time, avere il supporto dell'instant replay. Le emozioni più toccanti sono le attestazioni di stima ricevute da persone che mi hanno visto crescere che hanno sempre creduto nel mio modo di arbitrare e di pormi".

L'impatto tecnico: la differenza tra arbitrare in Serie A rispetto alla Serie A2.

"Il detto 'più sali e più è facile arbitrare' è in parte vero, nel senso che il gioco è veramente tecnico, ogni giocatore sa quello che deve fare. E poi ti confronti con giocatori di alto calibro, come Cusin, che qualche mese fa giocava l'Europeo, o Mancinelli, ex capitano della Nazionale. Più che il gioco, mi ha colpito organizzazione di tutto: spogliatoi, squadre... Ogni cosa al suo posto, e in più la massima esposizione mediatica".

Le "offese di Serie A".

"Diciamo che appena arrivato in Serie A le offese fanno parte del bagaglio di esperienza, fanno parte della partita (purtroppo), ma in qualche modo impari a metabolizzarle e a gestirle. In realtà le offese che fanno più male sono quelle che si sentono negli spalti delle partite giovanili, dove signori e signore convinti di crescere nuovi Jordan si permettono di offendere ragazzi di pari età dei futuri campioni, solo perché hanno una maglia grigia e non una canotta, non immaginando cosa significhi riuscire a tirar fuori il fischio giusto al momento giusto. A 15 anni è davvero una prova difficile. Infatti abbiamo molte difficoltà per trovare nuove leve a cui insegnare l'arbitraggio, e quelle poche presenti vengono inibite da offese gratuite.  E' difficile fare istruzione in un mondo non semplice da spiegare".

Il compimento di un percorso.

"Tutto è iniziato nel 2000 con il corso arbitri, a 18 anni. Per scherzo, perché avrei preferito giocare, e infatti fino a che ho potuto ho portato avanti entrambe le carriere. Ricordo sempre il mio ultimo anno ad Asciano quando vincemmo il campionato con un gruppo di ragazzi formidabili ed un allenatore super, Leonardo Frati: nell'estate successiva, per il 2005/06, fui promosso in serie C nazionale e dovevo obbligatoriamente fare una scelta. Da una parte Asciano, con Frati che provava in tutti i modi a convincermi a continuare a giocare, dall'altra questa carriera sconosciuta e molto difficile dell'arbitraggio... per fortuna ho scelto la seconda".

Diventare arbitro.

"No, sicuramente nessuno nasce con il desiderio di fare l'arbitro, è un problema di mentalità della società. Ma quando entri nel gruppo, subentrano la passione e la voglia di provare a stare dove non tutti riescono a stare. La passione va allenata, purtroppo noi arbitri dobbiamo farlo da soli, non abbiamo la fortuna di avere allenatori o preparatori dedicati. E’ vero comunque che vengo da una famiglia in cui l’arbitraggio era cosa familiare: Lucia Masciulli (mamma) è stato ufficiale di campo ad altissimi livelli e Giuseppe Galasso (babbo) storico dirigente del basket senese".

Al tavolo dello speaker per la Mens Sana.

"Ormai sono già due anni che non sono più al fianco del mitico Alessando Marchini, una persona stupenda: diciamo che ho lasciato nel clou del basket a Siena. Sono stati anni che mi hanno permesso di assistere da molto vicino al basket che conta, ad imparare a rapportarmi con gente del calibro di Pianigiani, Messina, Scariolo, Obradovic...".

Le radici.

"Il legame con il basket senese è sempre stato molto stretto. Ho una famiglia molto appassionata di basket, sono cresciuto in questo mondo, i miei genitori mi raccontano di trasferte con loro con qualche pennichella sugli spalti… L’impegno nel basket non finisce solo con l’arbitraggio ma c’è tutta la vita del Gruppo Arbitri Pallacanestro Siena: la parte più importante, perché insieme ad altre persone cerchiamo di creare un gruppo che sappia lavorare, crescere e soprattutto divertirsi. Sono impegnato come istruttore provinciale e poi come membro della commissione regionale. Lavoriamo per far crescere nuovi arbitri. Perché in fin dei conti la partita senza l’arbitro non si può giocare".

Passione di Serie A.

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