venerdì 19 ottobre 2018

Pick-and-Tom: Limitare il pericolo numero 1. Com'è andato il test Frazier

32, 23, 27, 29, 24, 23.

Non sono numeri del Lotto e neppure numeri di coscia dei cavalli presenti alle batterie, visto che siamo straordinariamente in tema. Le cifre elencate sopra si riferiscono ai punti segnati da James Frazier Jr. nelle sue prime (ed uniche) 6 apparizioni in Serie A2, stagione regolare, prima della gara del PalaEstra di domenica scorsa. Stavolta è andata diversamente. Per una serie di ragioni precise.
 
Il piccolo (178 cm di altezza) J.J. si è abbattuto nella seconda serie del nostro campionato come un uragano durante lo scorso aprile. Arrivato a Treviglio a stagione in corso, con cacio, buristo e baccelli ancora da giocare, ha contribuito pesantemente a risollevare le sorti della Remer, dalle sabbie mobili della zona playout a un giro gratis sulla giostra dei playoff contro l’Alma Trieste, poi promossa in A1. Troppo fragilino, dicevano. Dopo il college a Georgia, è stato bocciato pure nella Pro A francese. E invece a suon di conclusioni da casa sua, penetrazioni e assist ha permesso alla ex-squadra di Marino di inanellare 5 vittorie consecutive per chiudere il campionato. Già il mondo è piccolo, figurarsi il globo dei canestri: Frazier è approdato a Treviglio per sostituire Alan Voskuil, infortunatosi contro la Mens Sana nella partita del 18 marzo.

“Se conosci te stesso ma non il nemico, le tue probabilità di vincere e perdere sono uguali” - Sun Tsu ne L’Arte della Guerra   

Chissà quante volte in settimana, preparando il match contro Rieti, coach Moretti avrà ripetuto al suo capitano parole del tipo: «Dai Tommy! Eppure dovresti conoscerlo bene»? Perché i biancoverdi si sono avvicinati all’esordio casalingo facendo finta, fra le mura del campo di casa, che i vari Sanguinetti, Prandin o Ceccarelli avessero di volta in volta treccine e pizzetto afro e il numero 30 sulle spalle. Nelle riunioni tecniche, così come nelle sedute video, il nome dell’ex-Bulldog era cerchiato in rosso. Anche nella prima, sfortunata, gara casalinga della NPC, persa contro Biella, la stella di Frazier non aveva mancato di brillare: 23 dei 57 punti totali di squadra portavano la sua firma.

Lo staff mensanino già aveva proposto contro Tortona momenti, seppur brevi, di difesa match-up. Contro la formazione reatina domenica scorsa, Morais e compagni hanno iniziato la partita con 3 azioni consecutive di difesa match-up.


Lo schieramento 3-2 di partenza è facilmente riconoscibile, dato che ci si trova in una situazione di gioco fermo, in attesa della rimessa degli ospiti. Alla base della scelta di utilizzare uno stratagemma difensivo del genere sta generalmente la volontà di essere aggressivi sugli esterni, fin dall’inizio dell’azione. Mettendo pressione sulle guardie, si intende impedire loro di ragionare, giocando anche sul fattore sorpresa.

Trovarsi di fronte alla match-up, richiede infatti capacità di lettura rapide e una certa confidenza con zone, difese miste e quanto di più bulgaro può esserci nella valigia dei trucchi delle vecchie volpi che siedono nelle panchine della Vecchia Europa. La match-up è uno schema difensivo che si presta a diverse interpretazioni. Partendo da una disposizione a zona, in cui il campo è suddiviso in parti, ognuna delle quali è affidata in partenza a un difensore, si procede immediatamente agli accoppiamenti: Prandin-Frazier, Marino-B.Jones, Morais-Gigli, per restare sul perimetro. Gli attacchi alla match-up possono prevedere dei tagli per vie centrali, così da scombinare l’equilibrio fra prima e seconda linea.


Nel caso della difesa biancoverde il concetto di accoppiamento uno vs uno è spinto agli estremi: già dopo il consegnato di Jones a Tomasini la difesa di Moretti è praticamente disposta a uomo. Uno dei motivi per cui è necessario accoppiarsi molto presto è proprio la presenza di Frazier. Nell’azione sopra, Prandin prova a comunicare a Pacher il taglio del numero 30 avversario ma non vedendo accolta la sua richiesta decide di seguire l’avversario nel taglio e lungo la linea di fondo. Il diktat di Moretti è chiaro: mai lasciare la marcatura di Frazier. Se J.J. non avesse forzato la conclusione dell’azione con un tiro in precarie condizioni di equilibrio, Prandin l’avrebbe seguito fin sul pianerottolo di casa.

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Ma la difesa match-up è stata ben presto messa in soffitta (e rispolverata soltanto in una circostanza sul finire del secondo quarto.) Il piano anti-Frazier prevedeva come primo accorgimento quello di prenderlo faccia a faccia fin dalla rimessa sotto il suo canestro. Bobo Prandin ha eseguito il mandato del coach in maniera egregia, entrando sotto pelle al dirimpettaio: emblematico il recupero in tuffo a metà primo quarto, subito dopo la rimessa e il consegnato di Bobby Jones. La pressione costante sulla propria point guard ha costretto Rossi a impiegarlo più spesso del dovuto in situazioni di gioco senza palla.

Ma i tentacoli della difesa senese sono arrivati anche lì, come testimoniato dall’intercetto di Radonjic a 38 secondi dalla fine del terzo quarto. Proprio il nativo di Podgorica si è alternato con Prandin (ma anche Sanguinetti ha fatto la sua parte) nella marcatura individuale di Frazier, costringendolo a una prestazione da 18 punti sì, ma con 3/14 da due, 2/5 da tre e 3 palle perse. Ma le cifre della sua serata sono utili più che altro a restituirci la conferma di quanto osservato sul parquet. In alcuni momenti la sensazione che J.J. fosse costantemente braccato, inseguito e aspettato dagli avversari ha pervaso l’intero PalaEstra, muovendo gli animi degli spettatori (di parte avversa) quasi a compassione. Granitici body-check e mani continuamente addosso hanno accompagnato tutti i suoi 39 minuti in campo.


Un lavoro considerevole ancora in chiave difensiva è stato fatto per ritardare, quando non proprio per impedire, la transizione veloce di Frazier. Nelle poche circostanze in cui ha provato ad accelerare i tempi per entrare nel gioco d’attacco, ha trovato quasi sempre la strada bloccata. Nell’esempio qui sopra, avrebbe potuto trarre vantaggio da una delle rare volte in cui Prandin è apparso a corto di ossigeno se non ci avessero pensato Poletti e Pacher a sbarrargli preventivamente la strada, riportandolo a più miti consigli. In particolare il comportamento di Pacher, più attento a frapporsi fra Frazier e il canestro che ad accoppiarsi con il suo uomo, dimostra in modo chiaro, se ancora ce ne fosse bisogno, quali fossero le priorità della difesa.

Abbandonata la match-up, il leitmotiv in casa biancoverde è stato: a ognuno il suo, ma ognuno con un occhio sul 30. Sono molte infatti le azioni in cui è possibile notare gli uomini di Moretti in posizione completamente “flottata”, pronti ad aiutare sull’eventuale penetrazione di Frazier. Ne abbiamo scelta una piuttosto indicativa. Dopo l’ennesimo tamponamento di Sanguinetti e l’apparizione di Pacher come difensore secondario per scongiurare la conclusione rapida, J.J. gioca il pick&roll trovando però Poletti ad aspettarlo sia nel tentativo di penetrazione a sinistra che in quello di affondata a destra. Peraltro sul lato debole, Pacher e Morais hanno già un piede nell’area verde, per chiudere ulteriormente il pitturato. Poletti nell’occasione, preoccupato com’è di fermare Frazier, si stacca talmente tanto dal suo uomo (il bloccante Gigli) da permettergli di ricevere e entrare in area praticamente indisturbato.


La chiave non è la “voglia di vincere.” Ognuno ce l’ha. È la voglia di prepararsi per vincere che conta. - Bob Knight



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