venerdì 2 settembre 2022

Il primo campionato di sempre con le tre senesi: per chi è un'opportunità, per chi è un rischio

L'inizio della preparazione e degli allenamenti ha alzato il velo su una stagione a suo modo storica per il basket senese, quello in cui le tre istituzioni del basket cittadino giocheranno per la prima volta tutte nello stesso campionato. Non sarà sempre così e non si tratta in questa sede di ragionare sulle vicende che in direzioni opposte hanno annullato il gap di categoria cristallizzato in decenni di storia, una livella che mette oggi Mens Sana, Costone e Virtus tutte sulla stessa griglia di partenza della stessa serie, la prossima Serie C Gold. 

Ma la fotografia del presente è il punto di partenza per una riflessione, prima del via, su cosa questa congiuntura unica può significare in prospettiva, in termini di opportunità e rischi, per il futuro di ognuna delle società senesi. Perché è vero e giusto che la corsa va fatta su sé stessi e su tutte le avversarie del campionato, non solo su alcune. Ma inevitabilmente il confronto con le rivali cittadine darà un bel senso alla stagione. 

 
VIRTUS
 
Essere dal 2019 la prima società senese in termini di categoria e risultati sportivi rende la Virtus la società che più di tutte può beneficiare della possibilità di trovarsi nello stesso campionato, perché il confronto tecnico sul campo può avere più forza perfino del gap di categoria delle stagioni scorse per affermare quella superiorità progettuale consolidata in questi anni. E' un'opportunità, ma anche una responsabilità che rende l'obiettivo del salto di categoria necessario per ristabilire da qui a un anno le distanze maturate in queste stagioni con le altre società senesi, sapendo che viceversa ritrovarsi l'anno prossimo ancora allo stesso livello con loro normalizzerebbe in parte la percezione della citata superiorità che ha saputo costruire. 
 
Parliamo di una superiorità progettuale di cui è espressione soprattutto il lavoro in ambito giovanile, non nel senso dei fasti di reclutamento degli anni d'oro cittadini ma in termini di una piattaforma sostenibile, che poggia la forza dei numeri unici in città (dieci squadre giovanili, comprese due femminili e la Maginot in Serie D) sul rafforzamento degli anni scorsi dello staff tecnico, e che si sta dimostrando anche funzionale anche per supportare la prima squadra in questo periodo di transizione da un ciclo tecnco al prossimo.  
 
L'affermazione tecnica di questo periodo storico però non è stata affiancata da una crescita di pari passo sul piano infrastrutturale. Se la Mens Sana piange coi problemi del PalaSclavo, la Virtus certo non ride, anzi. Al di là del legame affettivo viscerale quando si parla del primo palazzetto coperto senese, aperto pioneristicamente nel 1965-66 nel periodo del boom del basket cittadino, i lavori di adeguamento possono tamponare solo in parte i limiti di un impianto che ha fatto il suo tempo non tanto in senso architettonico quanto di necessità della società, che ormai in pianta stabile deve mandare le proprie giovanili in giro per le palestre senesi. 
 
Perso in questi anni il treno di una congiuntura cittadina favorevole, o quanto meno più favorevole rispetto alla realtà storica in cui le istituzioni guardavano in primis alla Mens Sana in quanto società di punta, è quindi in termini di strutture che la Virtus trova un tappo allo sviluppo che la condanna a una dimensione in prospettiva inferiore alle potenzialità. Laddove, ultimo ma non certo in ordine di importanza, le potenzialità sono invece fotografate dalla compagine di aziende che adesso affianca e supporta l'impegno ultradecennale di Fabio Bruttini. Non sfugge a nessuno che si è cementata attorno a un gruppo di lavoro nato dall'esperienza del Consorzio che fu proprietario della Mens Sana, ma questo è un altro discorso che porta ad altre valutazioni. Di certo una forza e solidità economica e progettuale del genere in città non ce l'ha nessuno. Con spalle così larghe, nessuna prospettiva di crescita è preclusa, nessuna. Strutture permettendo. 
  
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COSTONE
 
Chi sul piano strutturale è messo meglio in città è il Costone, che ha l'impianto più nuovo. Funzionale, per la possibilità di ricavarci contemporaneamente due campi di gioco, alle necessità di una società che a livello giovanile ha comunque numeri diversi. Quanto alla prima squadra, senza voler correre troppo ma giusto per darsi un orizzonte che vale anche per la Virtus, se mai in futuro dovesse servire un palazzetto con capienza superiore la novità del passaggio del palasport della Mens Sana alla proprietà comunale lo rende - per quanto tristemente fatiscente e dall'agibilità a volte incerta - ancora più aperto alle richieste anche di nuovi e diversi affittuari (tra cui comunque la Virtus c'era già stata anche col regime precedente).
  
La questione dei numeri del settore giovanile, comunque curato e in crescita, investe in parte uno dei grandi margini di sviluppo oggi poco esplorati dal Costone, quello dell'ampliamento del proprio bacino. Che ancora affonda storicamente le radici nella tradizione societaria legata alla quotidianità del Ricreatorio come cuore pulsante della vita sociale senese dei passati decenni. Ma che, per ragioni logistiche ma anche anagrafiche, senza forze nuove e un lavoro mirato rischia fisiologicamente di andare lentamente a prosciugarsi proprio ora che le vicende tecniche tornano a essere più ambiziose. 
  
Per formare una nuova generazione di costoniani, storicamente forse l'identità più forte e indubbiamente peculiare tra le entità cestistiche cittadine, i risultati da soli non basteranno, ed è bene che sia chiaro per non ignorare il lavoro che serve. Ma dai risultati si conta di ottenere la risonanza per uscire dal proprio ambito e allargarsi. Oggi il Costone ha un passo diverso rispetto a quello dell'inizio della presidenza Montomoli, che era eredità di una tradizione costruita (non solo ma soprattutto) attorno a quello che il parco dei giocatori senesi poteva offrire, mentre adesso dichiaratamente si guarda ben oltre. 
   
Nasce anche da qui l'approccio al salto di categoria con tutte le cautele di rito ma anche senza complessi di inferiorità. Che restando all'ambito cittadino significa rispettare l'esperienza e la chimica di chi come la Virtus conosce da anni questo campionato, ma con la fiducia di avere risorse tecniche non inferiori ai rossoblù. E quindi poter a propria volta puntare a quei primi cinque-sei posti (tre promozioni dirette, una dai playoff, più eventuali ripescaggi) per cavalcare il momento storico e non disperdere la corsa promozione della scorsa primavera, che altrimenti nel giro di un anno rischia di essere vanificata dalla riforma dei campionati. La prospettiva di medio termine è la consapevolezza di avere le credenziali per ritagliarsi la propria dimensione attorno all'ambizione di poter stare nella nuova Serie B Interregionale. Se c'è un momento in cui ritagliarsi un proprio spazio, in generale e negli equilibri cittadini, è sicuramente questo
 
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MENS SANA
   
Anche solo per il fatto di non essersi mai trovata a competere allo stesso livello delle altre due realtà cittadine da più di mezzo secolo, se non nei recenti periodi di particolare disgrazia e comunque mai entrambe contemporaneamente, ci sono dei motivi per cui la Mens Sana è in un certo senso la società che ha più da perdere dalla novità di una stagione di sfide (dirette e a distanza) con Virtus e Costone, paradossalmente più di quando avrebbe "perso" facendo un campionato inferiore. E i motivi vanno al di là del primo che viene in mente, cioè che incrociare sul campo le altre squadre senesi non può non innescare quella vocina che da qualche parte si chiede: come è possibile che una realtà col bacino della Mens Sana, con la forza del nome della Mens Sana e col potenziale della Mens Sana si ritrovi non solo ad affrontare lo stesso campionato di Virtus e Costone ma anche a farlo con ambizioni inferiori?
   
Il dichiarato (qui) apprezzamento per la scelta di coraggio di accettare il ripescaggio in Gold, liberandosi dall'abbraccio mortale di un altro anno in Silver, impone la coerenza e la maturità di tenere basso - con questa premessa - il livello delle aspettative. E' uno dei grandi buoni propositi per la nuova stagione: ferma restando l'importanza di evitare figuracce a una maglia così gloriosa, sarà un momento di crescita sapersi confrontare con una prospettiva finalmente diversa da quella di affrontare i campionati per doverli per forza vincere. Non si può non riconoscere il livello tecnico raggiunto in termini sportivi da un progetto nato letteralmente da zero, sia nel senso di categoria che di organizzazione e di giocatori. Eppure per chi viene da una storia di respiro nazionale e internazionale, più che cittadino, già sedersi allo stesso tavolo di chi in città ha sempre avuto un'altra dimensione significa accettare che il mondo è cambiato, ancor più di quanto lo abbia significato ripartire dalla Promozione.  

Oggettivamente finché si sono fatti campionati diversi dalle altre era più facile ascrivere alla Mens Sana la statura che le riconosce la storia, ma che oggi sul campo non c'è. Nella stagione che porta al decennale dall'ultimo scudetto vinto, senza snobismi da "noi siamo noi e voi... (eccetera)", è un fatto immaginare che un ragazzo sotto i venti anni, che ha negli occhi e nel vissuto solo le ultime stagioni, basandosi sul presente possa chiedersi perché dovrebbe considerare la Mens Sana la prima realtà cittadina. Da qui il rischio degli effetti che potrebbe produrre il confronto diretto di questa stagione, dichiaratamente destinato a essere difficilmente a favore della Mens Sana. 
 
Senza abdicare al fatto che quella storia sia troppo lontana per essere ricordata, ma facendo i conti con la realtà di chi quegli anni non li ha vissuti, sono proprio quelle nuove generazioni (o comunque nuove fasce di pubblico) a cui si deve puntare, evidentemente a questo punto con argomenti diversi. Proprio per gli obiettivi realistici da cui si parte non è certo l'anno giusto per puntare sull'argomento basket. Ma è un tema sopravvalutato pensare che sia quello a portare la gente alle partite, almeno finché non si parla di Eurolega. Per capirsi: non sarà stata certo la Silver, ma della Serie A2 vissuta fino a poco più di tre anni fa non si può dire che fosse il bel basket ad attirare la gente a palazzo. Sì, gli argomenti devono essere per forza altri. 
  
Esclusa la strada dei risultati del campo, a una prima analisi sommaria ci sono almeno tre carte su cui la Mens Sana può puntare per riuscire a portare più persone al palasport anche in una stagione che non si annuncia vincente: 

1 - la storia. Perché è vero che si è detto fino a ora che non è un argomento vincente coi ragazzi. Ma lo è con chi quella storia l'ha vissuta, e non è più un ragazzo: anche riportare al palazzo qualcuno di loro sarebbe già un risultato notevole nell'ottica di tornare ad allargare il bacino. Magari legando alle partite degli eventi per ricordare uomini e momenti che hanno fatto la Mens Sana. Fornendo così in ogni caso anche un radicamento culturale a chi si avvicina solo adesso. 

2 - la Polisportiva. Non nel senso di dirigenti della Polisportiva, ma nel senso di bacino da cui attingere, pensando a una realtà che nella storia ha toccato anche i tremila soci. Spesso rischiano di prevalere logiche di bottega di contrapposizione tra sezioni, ma non c'è bisogno di andare a ripescare casi di scuola ma forse non calzanti per ricordare che al Barcellona chi fa il tifo per il basket blaugrana lo fa anche per il calcio e la pallamano: questo legame lo fotografano piuttosto anche quei rapporti con alcune aziende che in questi anni hanno deciso di sponsorizzare il basket mensanino proprio contando nell'allargamento (in questo caso commerciale) anche a tutto il mondo che c'è dietro alle tante sezioni della Polisportiva. Tifare non è la stessa cosa che comprare un prodotto, e non è un passaggio naturale in una galassia in cui il basket è sempre stato una realtà a parte, ma anche lasciare totalmente inesplorato questo potenziale è un'occasione sprecata. Quello con la Polisportiva è in questo momento un matrimonio necessario, che si trasformi almeno in una opportunità.
 
3 - l'impianto. Che è messo male, non è accogliente sotto tanti punti di vista, avrà bisogno di lavori che ne mineranno la disponibilità e non è neanche più di proprietà della Polisportiva. Eppure un contenitore del genere a Siena non ce l'ha nessuno. Contenitore non solo di basket, ma anche di eventi legati al basket, oppure di occasioni per far arrivare in viale Sclavo altre persone a margine del basket, usando gli spazi per fare al palazzetto anche altro in termini di offerta di svago: portare al palazzo anche chi ha passioni diverse, ma così può avvicinarsi al basket. Detto così sembra molto vago, risultano anche allo studio iniziative già per questa stagione: è solo questione di tempo vedere quante e quali delle idee sulla carta troveranno attuazione pratica. 
  
Da qui dunque il grande rischio per la Mens Sana - una stagione che può solo erodere una parte del proprio status - può rivelarsi la grande occasione. Perché innanzi tutto la competizione stimola la necessità di portare idee nuove e diverse, come appena detto. E poi perché niente come i derby, il campanile e le rivalità può riaccendere il fuoco di una piazza. Di certo, lo dicono i fatti, non lo hanno fatto né gli scudetti né le Final Four di Eurolega, perché quelli che sono rimasti oggi a vedere la Mens Sana sono nella quasi totalità quelli che c'erano prima degli anni d'oro. I presenti sono una risorsa, il problema sono gli assenti: su quello si deve lavorare e ci sono gli strumenti per farlo anche in una stagione che potrebbe essere cestisticamente non trionfale. La priorità della stagione della Mens Sana sarà attrarre persone nuove e portarle al palazzo. Anzi, sarà la prima cosa su cui si valuterà la stagione della Mens Sana.
  
 
   
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