domenica 15 maggio 2016

Da chi ripartire e perché. Segue dibattito

Premessa: non è un post di fatti, ma di opinioni. Si dirà che è presto per parlare della squadra dell'anno prossimo ora che non è ancora certo se ci sarà la squadra, con un disavanzo da ripianare a fine stagione. Si dirà che è presto per immaginare il livello a cui ci si porrà l'anno prossimo oggi che (ancora per pochi giorni) il Consorzio è al momento una scatola vuota. Si dirà, per questo, che si saprà cosa si potrà offrire, in termini di prospettive, solo dopo l'ingresso del Consorzio nel capitale sociale, quindi indicativamente a metà giugno.

Tutto giusto. Sempre che questi tempi non siano troppo lunghi, e quindi ci si trovi a prendere delle posizioni senza avere il panorama completo, non è però troppo presto per esprimere degli orientamenti. Quelli per dire se, a condizioni uguali o migliori, interessa ripartire da questo staff tecnico, da questa dirigenza, da questa squadra.

Parlando di squadra, la mozione del cuore chiede più o meno unanimemente di ripartire, come simboli più che per il valore tecnico, da Bucarelli e da Cucci, che però l'anno prossimo non sarà più Under. Non lo era già neanche Udom, al primo anno da titolare e questo va considerato, ovvero colui che con Bucarelli ha già un punto di partenza contrattuale sulla cui base ragionare per una permanenza la prossima stagione. Per altri, per molti, la mozione del cuore riguarda Ranuzzi, per altri magari Borsato.

Poi ci sarà da decidere se i vari umanissimi atteggiamenti emersi durante la crisi societaria e in prossimità della chiusura del mercato debbano far parte della valutazione (forse non è neanche giusto che ne facciano parte). Magari la valutazione è che in certi ruoli si vorranno giocatori di maggior valore per una squadra di medio livello, o più economici per una squadra per la sopravvivenza. Così come è naturale che dal panorama economico dipendano le valutazioni su quanti Under mettere in squadra: quest'anno, con le risorse che c'erano, è stato corretto metterne 3-4, dipende dalle risorse dell'anno prossimo.

Si può parlare molto, e si è parlato molto, di tutti i limiti di Truck Bryant, di tutti i vuoti di sceneggiatura di Chris Roberts, di tutti i colpi di testa o i problemi fisici di Dane DiLiegro. Ma allargando lo sguardo e depurandolo dalle sofferenze di una stagione vissuta da vicino, la realtà è che a questo livello (sarà colpa del livello, o forse sarà che certe valutazioni vanno riviste) si sono affermati tutti e tre tra i migliori giocatori del campionato. La questione piuttosto è sulla (im)possibilità di riaverli alle stesse condizioni. Roberts l'ha pagato Dpi e c'è da capire se un'operazione del genere è replicabile. Bryant dopo aver dimostrato cosa può fare nel bene e nel male in Italia magari difficilmente verrà via ancora per 37mila pagnotte. Lo stesso per DiLiegro dopo essersi messo alle spalle la convalescenza dai guai al ginocchio.

***

Il primo nodo, è evidente, è capire se ripartire o meno dal tandem Marruganti-Ramagli. In settimana ci saranno dei colloqui ma è presto perché abbiano un senso compiuto. Al di là dei contratti, la risposta, qui le opinioni personali, è assolutamente sì, si riparta da loro. Nelle scorse settimane, forse per vedere l'effetto che faceva, è capitato di sentir girare la voce che questo staff costa troppo per le possibilità della Mens Sana. Era capitato anche al momento dell'esplosione a febbraio della crisi economico-societaria.

Un allenatore come Alessandro Ramagli è un valore per la categoria, così come Matteo Mecacci come vice, così come Andrea Monciatti come assistente. Se lo sia in futuro dipende dal prossimo basket, ma uno staff del genere quest'anno è stato un lusso? Qualcuno di loro un anno fa ha lasciato sul tavolo qualcosa dal punto di vista economico per esserci. I numeri: in una stima fatta durante l'anno è emerso che i costi per TUTTE le figure esterne alla squadra, quindi staff tecnico, atletico, medico e societario, erano preventivati su base stagionale in 135mila euro. Troppi? Meno di un decimo del budget complessivo.

Come detto per il settore giovanile: se i soldi non ci sono, tutto costa troppo. Se forse ce ne sono, almeno un po', è questione di priorità. E' stata illuminata la scelta che una di queste priorità fosse lo staff tecnico. Le risorse investite qui sono un moltiplicatore. Ogni 10mila euro spesi sullo staff tecnico, se ne risparmiano forse il doppio sui giocatori in termini di competitività raggiunta: è anche per questo che una squadra da 300mila euro di monte stipendi come la Mens Sana (compreso Roberts, anche se pagava lo sponsor) è riuscita ad arrivare a -4 dalla prima e a -2 dalla seconda.

Per questo il miglior giocatore dell'anno è stato probabilmente in panchina. Una menzione la merita la gestione del momento peggiore della stagione, il modo in cui si è riusciti non a isolare il gruppo perché era impossibile, ma a riportarlo fuori dal buco nero dei guai societari. Singole partite potevano forse essere gestite in maniera diversa. Ma già sul piano tecnico ci sono dei motivi per cui Ramagli è stato un serio candidato ad allenatore dell'anno (almeno qui). Le intuizioni di Bryant e Udom dalla panchina, soprattutto l'impiego di Roberts da creatore di gioco e tutto quello che gli è girato attorno, e tante altre soluzioni.

Soprattutto la capacità - parlano i risultati, più dell'occhio nudo nelle singole partite - di cavalcare i pregi e nascondere i difetti di una materia prima non così malleabile, perché non necessariamente certi giocatori sono così tanto migliori rispetto a inizio stagione, non tutti, nel senso che se l'anno prossimo andassero altrove andrebbero ancora saputi gestire per tirarne fuori il meglio, e qui lo si è saputo fare. La crescita di Bucarelli, il lavoro su Udom, quello di tipo diverso su Cucci, il recupero ad alti livelli di DiLiegro, la capacità di trovare un posto nel mondo a Bryant, e tante altre cose che da fuori non si vedono.

***

Sul lavoro di Lorenzo Marruganti, la frase non unanime ma che si sente più spesso fino a diventare un cliché è che il suo lavoro, quello di direttore sportivo, l'ha fatto bene, ma fare il presidente è un lavoro diverso. Questa conclusione tra l'altro dovrebbe essere di lezione per le ambizioni non sempre ponderate di chi a quell'incarico di presidente oggi aspira, proveniendo da ambiti ancor più distanti dalla vita di un club di quanto sia in fin dei conti un direttore sportivo. Come ogni cliché, ha il limite di fermarsi solo a un certo punto dell'analisi. In questo caso forse all'8 febbraio, a quello che si doveva o non doveva fare, si poteva o non si poteva fare, per evitare di arrivare sull'orlo di un baratro non ancora scongiurato. Fermarsi alla disquisizione su dove arrivino le sue responsabilità e dove cominciano quelle di altri, al di là del perimetro di responsabilità legali stabilito dal codice civile per le società di capitali.

Al di là delle valutazioni fin lì, non univoche, fermarsi all'8 febbraio significa tralasciare l'opposizione alla disgregazione tecnica del gruppo di lavoro nel momento in cui la proprietà la indicava come opzione prioritaria. Significa tralasciare quello che in altri ambiti si chiamerebbe "concorso esterno" nell'elaborazione di una soluzione alla crisi societaria che desse un futuro alla Mens Sana, perché al di là dei ruoli formali non è un mistero che Marruganti (forse più una collaborazione col miglior tentativo su piazza che un'adesione effettiva) sia stato referente fattivo dei gruppi di lavoro poi sfociati nelle iniziative dell'Associazione e del Consorzio.

Non è previsto, presumibilmente da lui in primis, che resti alla presidenza. Stavolta forse per davvero, dopo questi ulteriori mesi da traghettatore, per tornare alle competenze tecniche. Resta la necessità di un rafforzamento delle strutture del club, non conoscendo ancora il profilo del nuovo presidente. I fatti dell'ultima stagione dicono che ha senso pensare alla figura di un direttore amministrativo, o comunque qualcuno che si occupi con competenza dei conti, magari all'interno del cda, come già doveva essere quest'anno.

Ma il bisogno primario ormai da due anni, e senza più le ambiguità generate dal legame con la Polisportiva e le sue strutture, è l'arrivo di una figura che si occupi di reperimento risorse e sviluppo di politiche di immagine e commerciali di cui si sente drammaticamente la mancanza in termini economici e di penetrazione nel tessuto cittadino. E fermarsi a considerarlo un costo ulteriore per una struttura che non sa quanti può sostenerne sarebbe miope, e significherebbe ignorare che una figura del genere non solo si ripaga da sola col suo lavoro, ma è lì per generarne. A patto di andare a cercare le competenze giuste, perché non bastano la passione o i rapporti, ci vogliono le professionalità.

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