giovedì 3 novembre 2016

Ricorrenti

Alla scadenza dei termini, l'appello alle decisioni del Tribunale Federale lo hanno depositato tutti. Tranne Jacopo Menghetti, a cui già in primo grado le contestazioni erano state derubricate (e neanche la Procura Federale si appellerà). Tranne la curatela fallimentare, il soggetto in capo a cui per responsabilità oggettiva è addebitato l'articolo del Regolamento di Giustizia che ha portato alla decisione di revocare i titoli.

E' di questi giorni la risposta del giudice delegato del tribunale fallimentare (Marianna Serrao) all'istanza presentata dalla Polisportiva, proprietaria all'87% della vecchia Mens Sana Basket, attraverso il curatore fallimentare (Marco Lombardi) per vedere se sarebbe cambiato l'orientamento, dopo la decisione della contumacia nel primo grado. Il giudice delegato ha risposto non autorizzando nemmeno in questo grado di giudizio la costituzione della curatela. Che avrebbe usufruito del patrocinio legale gratuito offerto dal Comune, quindi senza niente da perdere, anzi è non difendendosi che rischia la perdita di un asset (alcuni dei titoli vinti) della società in fallimento.

Il giudice delegato ha invece ritenuto di non vedere alcun beneficio, in un'azione del genere, per i creditori della vecchia Mens Sana Basket: salvaguardare i titoli in vista di un futuro concordato non sarebbe, questa è la valutazione, un'ipotesi realistica. Non solo, ha aggiunto che a proprio modo di vedere neanche la curatela c'entra niente nel giudizio, visto che il marchio è stato ceduto. Un ragionamento opponibile con mille argomentazioni, a partire dal fatto che detenere nel nome la dicitura del marchio significa esserne contitolari. Ma intanto è questo che sostiene il giudice delegato, a cui la legge demanda l'autorizzazione per ogni iniziativa messa in atto dal curatore fallimentare.

La sostanza è che bisogna farsene una ragione, perché non c'è motivo di ritenere che l'orientamento possa cambiare in eventuali gradi successivi (Coni, Tar, Nazioni Unite...): per scelta del giudice delegato, la difesa dei titoli della Mens Sana non potrà passare per il soggetto che la Federazione aveva ritenuto titolare a occuparsene, la curatela fallimentare. Che resta in pista per la questione della causa civile da 33.5 milioni nei confronti degli amministratori della Mens Sana Basket: nell'udienza di pochi giorni fa c'è stato un ulteriore rinvio, a marzo 2017.

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Non ha trovato per ora conferma il dettaglio per cui il giudice delegato non avrebbe autorizzato a costituirsi nel giudizio neppure la Mens Sana Basket 1871, negandole la titolarità a dirsi erede del vecchio club fallito. Fatto sta che la Mens Sana Basket 1871 comunque il suo appello lo ha depositato. Così come la Polisportiva Mens Sana. Entrambi curati dallo studio Tassone (rispettivamente da Daniela Nardo e Bruno Tassone), che poi è lo stesso a cui si era affidato il Comune per il patrocinio alla curatela.

Della linea di difesa che ci si può aspettare da Minucci si è parlato qui, quella scelta dall'avvocato De Martino per Luca Anselmi è nelle ultime ore emersa qui, con accenni un po' ambiziosi ai massimi sistemi dell'ordinamento sportivo. Ma per quanto le difese dei singoli tocchino argomentazioni utili anche alla difesa dei titoli, è all'intervento di Polisportiva e MSB 1871 che questa è logico che sia legata. Un po' di massimi sistemi ci saranno anche nella difesa della Mens Sana Basket 1871, che per il resto condividerà l'impostazione con quella della Polisportiva.

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La difesa di Polisportiva e MSB 1871 si fonderà sulla mancanza del nesso di causa tra i comportamenti contestati e la fattispecie di frode sportiva. Sulla mancata presenza nel deferimento di ciò per cui invece poi la vecchia Mens Sana è stata condannata, ovvero l'alterazione dei bilanci (e le conseguenze inferite su iscrizione ai campionati e successi riportati). Sulla proporzionalità dell'infliggere la massima sanzione (la revoca dei titoli), anche perché non è stato dimostrato il dolo specifico, ovvero falsificare i bilanci con lo scopo predeterminato di farlo per potersi iscrivere ai campionati. C'è poi l'argomentazione, battuta anche da altri, che gonfiando le uscite invece delle entrate i bilanci certo non si abbelliscono, tanto più se i "costi inesistenti" erano destinati a qualcosa di diverso dalla squadra.

E c'è un ultimo interessante argomento: la prescrizione. Valgono le regole in vigore nel momento dei fatti contestati. Revocare i titoli dal 2011/12 per bilanci irregolari significa contestare il rendiconto dal 2009/10 in poi (che chiude a giugno 2010, va in approvazione nell'autunno 2010, per essere esaminato nell'estate 2011 per l'iscrizione al campionato 2011/12). Quindi vale il Regolamento di Giustizia del 2009/10, che fissava in cinque anni la prescrizione per i casi di frode sportiva. La curatela, nel cui caso non ci sono state nel frattempo le cosiddette cause interruttive della prescrizione (convocazioni, interrogatori...), ha ricevuto il deferimento nel luglio 2016. Tornare indietro di cinque anni significa che valgono le contestazioni dal luglio 2011 in poi. In questo caso, le cose comincerebbero a cambiare.

p.s. Dopo i trenta giorni per Pianigiani, i venti giorni per Aradori, Carraretto, Hackett, Michelori, Moss e Ress, i ventitre giorni per Banchi, il Tribunale Federale ha deciso l'inibizione anche nei confronti di Rimantas Kaukenas (ora che è ritirato?). Nel suo caso tre mesi. A quanto pare di capire dal provvedimento, la differenza di trattamento sarebbe legata al fatto che Kaukenas non ha neanche esercitato la propria difesa. Perché dare voce alla difesa cambia le cose, sempre. Nella difesa dei titoli, finora, non ce n'è stata la possibilità. 

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