Tentare di tracciare un bilancio della stagione della Mens Sana è uno sport estremo, tanto forti sono le tinte sia degli eventi che l'hanno segnata sia dell'anomalia dei risultati. Il pretesto di partire da quelli che sarebbero i principali protagonisti, i giocatori, aiuta a prenderla alla larga, cominciando già però a pizzicare alcuni punti chiave dell'annata.
Ricordando bene le premesse con cui arrivavano (la seconda lega turca e la terza lega francese, in questo caso oltretutto particolarmente a prezzi di saldo), gli americani hanno interpretato come serviva il ruolo richiesto: Siena ha dato loro visibilità e pedigree per salire un ulteriore step nelle rispettive carriere. Al di là dei rispettivi limiti, hanno pagato entrambi anche la difficoltà/incapacità di sistema - anche per il talento ridotto che li circondava - a elaborare attorno a loro soluzioni di gioco che alleggerissero il peso sulle loro spalle salvaguardandone l'efficienza: se la loro crescita si è arrestata dopo il bell'inizio, obiettivamente pesa anche questo. Quando poi nel marasma che c'è stato da un certo punto in poi contavano intelligenza e autodisciplina per non sbandare, KT Harrell, lo straniero di maggiore consistenza che la Mens Sana ha avuto da quando è rinata, è stato più abile e scaltro nel trovare il modo per contribuire (e arrotondare le cifre) rispetto a Mike Myers, che ha fatto vedere quanto gli manchi solidità mentale per reggere con la testa una stagione intera. E' il retrogusto che lascia il finale di una stagione in cui comunque alla vigilia si sarebbe messa la firma per avere da loro questo rendimento.
La grande delusione è stata Jonathan Tavernari. Col senno di poi, ma anche del "durante", ha avuto anche troppe occasioni per dimostrarlo, nella speranza che all'improvviso anche nelle giornate tremende imbeccasse la giocata giusta, e in effetti era uno dei pochi da cui poterselo aspettare. Ma vedere che i suoi numeri finali sono in linea con quelli in carriera fa pensare che il bluff fosse nelle premesse iniziali più che in una stagione evanescente. Lorenzo Saccaggi, che da metà febbraio ha giocato visibilmente condizionato fisicamente, oltre che in condizioni di rotazioni diverse dalle premesse estive, ha dato quello che ci si aspettava, così come Simone Flamini, che è addirittura uscito alla distanza, ed è stata una piacevole sorpresa visti i notevoli dubbi sulla sua autonomia a inizio stagione.
Alessandro Cappelletti, anche in questo caso andando oltre le aspettative estive, a inizio anno ha esibito guizzi da purosangue che avevano bisogno di trovare nella stagione un riscontro di continuità e crescita tecnica ulteriore per puntare su di lui come play titolare per la prossima stagione, ma è noto com'è andata. Siena ha dato a Bruno Mascolo una dimensione in questa categoria che Latina non gli aveva dato, aprendogli migliori opportunità di carriera per la prossima stagione. Lontano da Siena, visto che qui c'è già Cappelletti e la necessità come detto di affiancargli a questo punto anche l'anno prossimo un play titolare. Da Tommaso Pichi è arrivato quello che aveva senso attendersi da un quarto lungo, mentre la stagione è servita a Dario Masciarelli per capire di cosa abbia bisogno per stare a questo livello, trovando adesso il contesto migliore per lavorarci su.
La nota più lieta della stagione, visto anche il legame biennale che permetterà di capitalizzare i progressi l'anno prossimo a buon mercato, è stato forse Giovanni Vildera: un anno fa non aveva ancora dimostrato di essere un giocatore per questa categoria, ha fatto vedere di starci crescendo in continuità, consapevolezza, miglioramenti fisici e conoscenza del gioco. Ha ancora margine, soprattutto se saprà capire qual è e soprattutto quale non è la dimensione tecnica che può ritagliarsi su questo campionato e le caratteristiche su cui puntare. Resta però il fatto che - pur vedendo triplicato il suo impiego dai circa 6' a Omegna poi retrocessa ai 17' di media con la Mens Sana - non ha avuto modo di scalare le rotazioni anche quando chi aveva davanti nel reparto lunghi ha mostrato visibilmente la corda.
Questo lo accomuna a Lorenzo Bucarelli, la cui lettura di questa stagione è un altro grosso punto di domanda. Ha senso che la valutazione tenga conto che si è fatto male nel momento in cui con maggiore tranquillità di classifica ci sarebbe stato più modo di farlo lavorare in vista della prossima stagione. Averlo visto salire da 11.5 minuti di impiego nella stagione di Ramagli a 19.2 quest'anno, praticamente il più utilizzato della sua età dopo Davide Moretti, non smorza la sensazione che anche quando stava bene non sia riuscito a ritagliarsi l'utilizzo atteso per un giocatore in rampa di lancio. L'altra parte del ragionamento è: che progressi tecnici ha fatto rispetto a un anno fa? E' forse il più intricato dei nodi su cui ragionare in ottica futura. Ma da chi ripartire è tema su cui tornare con calma e più argomenti nei prossimi giorni.
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