venerdì 4 settembre 2020

Storia di un'assenza (ingiustificata): dove sono le istituzioni locali?

Chiedersi come sia potuto accadere ormai non ha più senso, ma fare in modo che non continui ad accadere è il minimo: non c'è dubbio che il grande assente nel sostegno alla costruzione del presente e del futuro della Mens Sana, non da oggi ma ormai da tempo, siano l'amministrazione locale e le istituzioni cittadine.

Non è questione di volere la pappa scodellata, memori dei tempi del bengodi… Su queste pagine non sono mai mancate, e continueranno a non mancare, le riflessioni su cosa debba fare la Mens Sana per prima per tornare a immaginare un futuro all’altezza del posto che ha sempre avuto nel basket italiano: dal 1967 al 2014 sempre in A1 o in A2, con l’eccezione del quadriennio 1986-1990 che ora viene perfino da rimpiangere. Dopo 10-15 anni di denari irripetibili, oggi si vive una nuova realtà in cui si sta dovendo imparare a cercare le risorse dopo aver disimparato a farlo. E’ quello che fanno a Cecina, Piombino, Empoli, San Miniato: e se la Serie B è sostenibile per loro, ci dovrà essere un modo perché lo sia anche a Siena.

E però fatta questa analisi, e senza dilungarsi su qualcosa di già ampiamente dibattuto, è anche il momento di allargare lo sguardo al contesto. Perché gli anni dell’ingresso diretto del Monte dei Paschi sono stati una parentesi relativamente piccola. La storia nel suo complesso è stata diversa, ed è stata una storia in cui lo sport cittadino i suoi momenti di crisi li ha vissuti. Ma prima di questi ultimi anni aveva sempre saputo superarli. Perché aveva sempre potuto contare su qualcosa che è palesemente venuto meno.

E’ venuta meno di certo la capacità della banca di riversare sulla città alcuni dei suoi clienti. Anche qui... Ma perché ?! Non è mica reato… Anzi è prassi che le aziende cerchino di incidere positivamente sul loro territorio di riferimento, e per tanti motivi Siena lo è ancora per la Banca, anche se non più nell’assetto proprietario. E soprattutto quello che è palesemente venuto meno almeno per la Mens Sana è la capacità (o la volontà) della politica di sostenere le società cittadine in crisi, aiutarle, stare al loro fianco e trovare insieme un modo per venirne fuori. Questo non c’è più. E non c’è più da anni, perché il tema non è una valutazione politica su questa amministrazione ma un’analisi dei fatti. Che dicono che la Mens Sana è sola.  

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Non è neanche la sede, questa, per chiedersi se ci sia da invidiare o meno il Siena per la soluzione per la ripartenza (gli armeni) partorita dall’interventismo comunale nel gestire la crisi della società. Non è quello il punto, il punto è che la Robur ha (giustamente) monopolizzato l’agenda delle ultime settimane del primo cittadino e dell’assessore allo sport, come ha senso che sia. E questo rende ancora più stridente il completo disinteresse che c’è stato invece nei confronti della Mens Sana: quest’anno, un anno fa, durante tutta la stagione, oltre che nelle stagioni precedenti (che sono un discorso a parte). 

Certo che non sfuggono le differenze regolamentari che nel calcio istituzionalizzano/normano il ruolo del sindaco nel pilotare le crisi delle società sportive. Ma non serve un editto imperiale per aspettarsi un sostegno alla ripartenza di cui invece, un anno fa, nella stessa situazione, nel basket non c’è stata neanche l’ombra. Salvare l’A2 era impossibile, e forse sarebbe stato anche sbagliato nei confronti di chi aveva portato la Mens Sana a quel punto, ma stare vicini alla ripartenza era il minimo che ci si potesse aspettare, anche come gesto nei confronti di un popolo di nuovo violentato negli affetti. E invece la Mens Sana è stata lasciata all’abbandono. 

Per capire cosa significa, è la mancanza di segnali e azioni concrete che testimoniassero la presenza al proprio fianco del Comune, e delle istituzioni locali, che un anno fa ha obbligato la Mens Sana a ragionare solo sullo scenario di una ripartenza da zero, dalla Promozione, invece che da un livello più alto, come magari quella Serie C Silver che è arrivata adesso sulla scorta del lavoro intrapreso in questi dodici mesi. Quanto pesi, nel trattamento ricevuto e nelle possibilità che si aprono, avere il sindaco da presentare in Federazione come interlocutore o garante lo dice a gran voce la storia recente di altre realtà del basket. E di certo una vicinanza anche solo formale e di facciata al nuovo progetto avrebbe offerto un appeal e un’efficacia diversi nei rapporti con le aziende da provare a portare a bordo. La storia dice che non è successo niente di tutto questo.

Dopo mesi di tele intessute attorno ai vertici dell’amministrazione (e non saranno mica stati tutti millantatori, a qualcuno sarà stato detto di andare avanti in quel lavoro esplorativo con gli imprenditori di costruzione del futuro poi naufragato), l’unico colpo battuto è stato quell’incontro pubblico fuori tempo massimo del 19 febbraio quando, in un clima di contrita preoccupazione a buoi ormai scappati e di parole di sostegno rimaste lettera morta, la sola posizione partorita fu una richiesta alla Polisportiva di impegnarsi nel dare continuità alle giovanili. Di cui peraltro la Polisportiva si era già organizzata di farsi carico anche senza che nessuno la impegnasse pubblicamente a farlo. 

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Evocare la Polisportiva rende doveroso aprire un’altra riflessione. Ovvero il retropensiero, certo non smentito dai fatti, che non ci sia grande volontà dell’amministrazione di buttare un salvagente - o anche solo offrire una mano - a una realtà, detto fuori dai denti, vista e percepita come un polo cittadino dalla forte impronta politica. E allora forse, seguendo questo ragionamento, sarebbe più semplice che si aprissero delle opportunità per il basket se avesse una proprietà diversa (naturalmente gradita).   

La realtà è che questa proprietà alternativa alla Polisportiva, è noto, non si è mai palesata. Per completezza, su queste pagine è sempre stata forte la consapevolezza che sotto l’egida della Polisportiva la Mens Sana può (e deve) pensare di poter arrivare a fare una Serie B, ma restare sotto la casa madre non può essere la soluzione di lungo termine se si vuole immaginare di tornare ai livelli in cui si è sempre giocato (A o A2). Premesso tutto questo, la Mens Sana è un’istituzione e non c’è bisogno di dire che il rispetto delle istituzioni comporta tenerle fuori da un certo tipo di giochi. O comunque più pragmaticamente, per raggiungere lo scopo, è più logica l’introduzione di persone fidate piuttosto che lasciar morire di fame una società che esiste da 149 anni con un giro di migliaia di persone.

Si prova sempre ad affrontarli in maniera separata perché tecnicamente sono due argomenti diversi, ma il futuro del basket mensanino non sembra scindibile dal tema del palazzetto. Può diventare di proprietà pubblica come aveva già tratteggiato la precedente giunta? Può attirare l’interesse di investitori immobiliari come quelli apparsi nei mesi scorsi, quando poi tutto (uno studentato?) si arenò a quanto pare sulle volumetrie che rendessero sostenibile l’investimento? Dalla soluzione del tema del palazzetto può arrivare forse anche la possibilità di offrire una prospettiva diversa alla pallacanestro biancoverde. Ma a oggi, a nove mesi dalla scadenza del rinnovo dell’agibilità dell’impianto, questa soluzione non c’è.

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Se la Mens Sana non fa parte degli interessi di questa amministrazione, le radici del distacco affondano in verità indietro di qualche anno e in quella malintesa necessità avvertita dalla giunta precedente (di segno opposto all’attuale) - per ostentare discontinuità dopo le accuse di eccessiva commistione dell’era Montepaschi - di recidere il legame tra le istituzioni locali e le società sportive del territorio (con così tante eccezioni che l’unica “recisa” resta la Mens Sana).

Un modo miope e neanche così vagamente populista di buttare via il bambino con l’acqua sporca, come se qualsiasi modo per occuparsi di sport significasse delinquere… Trascurando il fatto che, a prescindere da quanto abbia fatto grande Siena, lo sport ne è certamente uno degli elementi più identitari: basterebbe questo per aspettarsi che i rappresentanti del territorio ne sostengano le istituzioni più rappresentative, in questo caso sportive. Invece così si voltano le spalle a un popolo.

E’ anche comprensibile (e la mente va anche al 2019) che un’amministrazione non voglia appoggiare o fare da stampella a dei malfattori, come ne sono passati alla guida della Mens Sana. Ma dissociarsi politicamente da una gestione può essere solo una parte della posizione che ha senso aspettarsi da un’amministrazione locale, perché poi c’è anche da pensare a un popolo che resta orfano di tutto, proprio quando andrebbe più tutelato e sostenuto. Così a esser lasciata sola è stata la gente di Mens Sana, che resta, e non chi l’ha mandata in malora, che si è fatto fuori da solo. 

E comunque non ci sono stati solo i malfattori, eppure la mancanza di una visione, o forse solo di coraggio, ha impedito di sostenere la Mens Sana anche quando a tenerla in vita erano stati grandi momenti di civismo (salvare il club affidandone la maggioranza prima a un’associazione di tifosi, poi a un consorzio di imprenditori), che proprio per lo slancio civico un sostegno lo avrebbero meritato. Forse il problema era che non ci si poteva mettere il cappello… Per carità, l’amministrazione precedente non avrà sicuramente perso le elezioni per questo. Ma con ogni evidenza non ce le ha neanche vinte... 

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La decisione della Federazione di ammettere la Mens Sana in Serie C Silver invece che in Serie D, praticamente senza aver fatto niente per ottenerla se non dichiararsi disponibili al doppio salto (e forse neanche con grande convinzione... ma come fai a tirarti indietro?!), è solo l’ultima dimostrazione del fatto che, forse per quello che ha storicamente rappresentato nei suoi decenni di vita, la Mens Sana goda fuori Siena di una percezione positiva e di un rispetto molto superiori di quelli che le vengono riconosciuti dalla città

Risorse sono state indirizzate nei mesi scorsi ad altre storiche società cestistiche senesi. La questione non è che per grazia divina, o comunale, o politica, dovessero piuttosto essere riversate alla Mens Sana: Virtus e Costone sono realtà del territorio che quel sostegno se lo meritano per tradizione, passione, impegno, ruolo sociale e quello che rappresentano in città. Giusto riconoscerglielo. Stupisce piuttosto che non sia stato riconosciuto alla Mens Sana. E comunque, per dire che il problema non è il supporto alle altre società, non è quello (dei 40mila euro l’anno di Acea) l’ordine di grandezza del sostegno che può legittimamente aspettarsi una realtà come quella biancoverde di indiscusso rilievo in città, nel mondo del basket e in tutto lo sport nazionale

Non siete più professionisti: vi darò una mano”, è stata la promessa (peraltro disattesa). Ma non può neanche essere questione di “dare una mano”: la Mens Sana è un patrimonio della città o no? (Naturalmente non c'è neanche bisogno di rispondere). Allora come tale è il minimo aspettarsi che le istituzioni locali lo tutelino e lo sostengano. Invece quali sono i rapporti con la Mens Sana? Nulli. L'attenzione? Conseguente. Chi si occupa di Mens Sana in Comune? L’assessore allo sport? Il sindaco direttamente? Con quali interlocutori? Qualcuno dell’amministrazione ha mai parlato con chi fa basket alla Mens Sana?

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Il comune denominatore dell’(in)azione politica degli ultimi anni è la mancanza da parte delle istituzioni locali del benché minimo acume per capire che quello che succede alla Mens Sana poi si riflette sull’immagine di tutta la città. E’ solo cronaca che i media nazionali si accorgano che laddove si giocavano la Serie A (di calcio) e l’Eurolega (di basket) adesso restano solo le macerie, con quello che ne consegue in termini di percezione all’esterno: due casi conosciuti assurti dall’analisi giornalistica a simbolo eloquente di una città in crisi.

Va bene che sia questo il messaggio che passa? E se a Siena è evidente a tutti che la dimensione dello sport cittadino non poteva essere quella della A di calcio e dell’Eurolega di basket, è altrettanto vero che basterebbe che le due società cittadine storiche di riferimento fossero ai livelli che hanno sempre vissuto nella loro storia (per la Mens Sana almeno uno dei primi tre campionati nazionali) per azzerare i motivi di clamore. O veramente non si comprende che la situazione attuale, oltre a essere un problema sostanziale per due realtà che hanno fatto la storia di Siena, si riflette anche in un danno di immagine per tutta la città, e quindi anche per chi la amministra? 

Con che animo ci si presenta all’anno di “Siena città europea dello sport 2021” con le due realtà cittadine di riferimento al loro minimo storico, per non dire di un palasport che proprio nel 2021 potrebbe perdere l’agibilità? E’ vero che è un’iniziativa che riguarda soprattutto lo sport di base, ma non basta forse questa semplice constatazione sullo stato attuale di Robur e Mens Sana a trasformare purtroppo questo possibile spot per la città - oltre che un’opportunità di sviluppo - nel rischio di un gigantesco autogol di immagine? E ormai è andata. Chiedersi come sia potuto accadere ormai non ha più senso, ma fare in modo che non continui ad accadere è il minimo.

4 commenti:

  1. Bellissimo articolo, vero e realistico ma io ritengo che questa città , non abbia piu' le risorse economiche per campionati professionistici,dalla B in su e temo che non le avrà per molto tempo...pensando agli anni 60 e primi 70 dove erano le squadre di basket e calcio cittadine ? Esattamente dove ora, con dolore è forse lecito pensare che la dimensione giusta per una cittadina senza banca, senza imprenditori, senza industrie, sia questa...

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  2. Sono d'accordo sulla qualità dell'articolo che, alla pari degli altri fatti dall'ottimo Nigro, è sempre di altissimo livello. Sulla capacità economica del tessuto sociale di SIena invece non sono d'accordo. Ci sono realtà nel basket che vivono ai massimi livelli in situazioni simili a quella senese. Ritengo colpevoli della attuale situazione le istituzioni che non hanno fatto nulla di concreto per salvare una eccellenza "internazionale" e temo che per molti sia preferibile avere pieni poteri su una "piccola" realtà piuttosto che dover condividere le leve del comando con altri interlocutori (e finanziatori).

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  3. allargando il discorso, ha senso aguzzare l'ingegno per raccogliere le risorse che la città può esprimere, anche se forse non si vedono e non si pensa neanche che ci siano. e quella può essere una base su cui contare per qualsiasi livello.

    ma quello che succede in giro dice che le migliori opportunità sono legate agli interventi di privati da fuori che, arrivati su un territorio per i loro investimenti, ne convogliano una parte a beneficio del territorio. è sempre successo, ora è diventato l'unico "ascensore sociale" delle società sportive.

    creare occasioni perché arrivino investitori è anche la scorciatoia per risolvere certi problemi della città che altrimenti non ci sarebbero le risorse per affrontare: lo stadio, il palazzetto (privato, ma...), altre infrastrutture. qui sta alle amministrazioni impegnare gli investitori privati anche a favore della città.

    senza scandalizzarsi, serve che questi investitori abbiano un loro tornaconto, per arrivare a portare risorse che vadano a beneficio anche del territorio. oppure scandalizzandosi e accettando che non succeda

    ps: grazie

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