Giorgio Brenci è stato l’unico. Solo lui ha allenato la prima squadra sia della Mens Sana che della Virtus e del Costone. Celebrarlo offre il piacere del ricordo e insieme la soddisfazione di un bisogno, quello che nasce dalla consapevolezza della propria storia. Farlo con un torneo che coinvolge le tre società senesi, nel prossimo weekend come già nel 2021, con merito di chi l’ha pensato e di chi lo rende possibile, è anche forse il modo più calzante per onorare la memoria di un uomo di basket, e di un uomo, che non ha mai cercato la ribalta, senza che questo impedisca oggi di riconoscere chiara la centralità della sua figura e del suo lascito.
Giorgio Brenci non ha mai cercato di mettersi davanti, ma semmai di lato, se non un passo indietro, già rispetto allo storico gruppo dei ragazzi del 1947 del Costone (più alcuni delle annate successive: Ghezzi, Bernini, Boccini, Carli, Centini, più Sani, Valentini, Governi, Morrocchi) tutto Made in Piaggia, reclutamento a chilometro zero, con cui avrebbe vinto lo scudetto giovanile se non fosse stato riservato agli juniores delle squadre di Serie A (col record di una partita vinta 244-9!). Gruppo con cui ha cullato il sogno di scrivere una storia diversa del basket senese nell’anno dei derby in Serie C del 1966-67. Ma non si è mai sentito sminuito da una narrazione che (anche a ragione) ha messo sotto i riflettori il collettivo, la favola, l’idea, ma non lui (non davanti agli altri), quando invece in tanti al suo posto avrebbero assunto la posa del santone capace di scovare se non creare talento dove non c’era mai stato prima, e dove non ce n’è più stato così copioso.
Giorgio Brenci non ha mai cercato di mettersi davanti, ma semmai di lato, se non un passo indietro, rispetto all’amico, ma anche rivale, a lungo compagno di viaggio e in un certo senso di vita, in poche parole l’alter ego di sempre, Ezio Cardaioli, che senza entrare in valutazioni di merito tecnico era oggettivamente più istrionico, più riconoscibile e riconosciuto. Cresciuti insieme nella Selva e al Ricreatorio da quando avevano 6 anni e poi sui campi di pallacanestro, dopo averlo sfidato e aver accarezzato la possibilità di batterlo nel ‘66-‘67 (e nel primo derby c’era anche riuscito), sposò nel ‘72 l’idea di andare a fargli da secondo quando agli assistenti era riconosciuta molta meno dignità di adesso, per poi essere chiamato due volte a prenderne il posto sulla panchina biancoverde. Senza soffrirne l’eredità, anzi: subentrato dopo lo sciagurato esonero del Prof del Santo Stefano 1977, onorò l’onere riportando in pochi mesi la Mens Sana in A1; e undici anni dopo sfiorò il bis, vincendo anche nove partite di fila, quando c’era da riportare almeno in A2 l’allora Conad (e ci pensò l’anno dopo Lombardi).
Giorgio Brenci non ha mai cercato di mettersi davanti, ma semmai di lato, se non un passo indietro, anche nel finale di un percorso che negli anni Duemila inoltrati l’ha visto tornare a occuparsi di giovani, anche del minibasket, alla Mens Sana, che in quelle stagioni raccontava anche da commentatore tecnico in tv. Mai con la prosopopea di chi eppure fin lì era stato per 40 anni uno dei soli due senesi capaci di allenare in Serie A (vedi sopra sul “come” l’ha anche saputo fare). Senza però che questo significasse difettare in personalità, declinata col suo tipico marchio di genuinità e schiettezza.
Fin qui gli highlights. Che come sempre non raccontano tutto. Si è detto della Mens Sana, che gli ha dato la Serie A. “Le scelte potevano essere diverse ma lavoravo in banca: non l’avrei mai lasciata”. In biancoverde cominciò anche una stagione in panchina, nel 1981 (l’anno del ritorno di George Bucci), di nuovo al posto di Cardaioli, dopo la retrocessione in A2. Ma, oltre a tanto lavoro nel giovanile, il meglio lo ha dato subentrando: oltre alle due occasioni citate, anche quando nel 1979-80 in A1 per i problemi di salute di Zorzi si prese carico con successo di una supplenza lunga quasi tutta la stagione.
E si è detto del Costone, dove tornò di nuovo per un quadriennio dal 1983 al 1987, anche con una promozione dalla Serie C alla B2. Nella Piaggia aveva iniziato da allenatore delle giovanili nel 1956 ed era rimasto fino al 1972 alle soglie di quella promozione in Serie B (la seconda serie! Oggi si direbbe promozione in A2, per capirsi…) arrivata poi l’anno dopo con Castellaneta, ma con radici chiare.
Eppure l’esordio di Giorgio Brenci sulla panchina di una prima squadra fu con la Virtus: dopo il periodo da giocatore rossoblù dal 1957 al 1962, anche conquistando una promozione in Serie B, smise di giocarci per allenarla, proprio in Serie B (ai tempi terza serie) nel 1962-63. Ereditando anche quella… da Ezio Cardaioli, che in un breve “esilio” forzato dalla Mens Sana aveva trovato casa alla Virtus per un paio d’anni da giocatore-allenatore.
Poi per Brenci arrivò la chiamata della prima squadra di quel Costone di cui da coach giovanile aveva già conosciuto bene la generazione dorata cresciuta al Ricreatorio con Don Vittorio Bonci. Il professor Bruno Casini, Don Armando Perucatti. Ezio Cardaioli e lui. Il Monte Rushmore praticamente. Adesso, onorando la memoria di Giorgio Brenci, Mens Sana, Costone e Virtus riprendono in mano l’album di famiglia: quello dei ricordi in bianco e nero, ma coi colori forti dell’affetto. Quello dei ricordi a cui si porta rispetto. Un tributo alla storia. La storia di tutti.
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