venerdì 26 ottobre 2018

Pick-and-Tom: Qual è il vero Morais? Cosa è cambiato (e cosa no) dalle gioie ai dolori

Dietro al rendimento alterno (ma solo nel risultato, 2 sconfitte dopo altrettante vittorie) della Mens Sana si nasconde, nemmeno così bene, il saliscendi del suo alfiere principe, Carlos Morais. A guardar bene, anche nelle prime due uscite, le prestazioni dell’ex-Aquila di Lisbona erano state tutt’altro che edificanti, se prendiamo come riferimento il lasso di tempo per arrivare agli ultimi minuti di gioco, come sapientemente illustrato da Stefano un paio di settimane fa.

Nella volata finale tuttavia, sia con Tortona che con Rieti, l’angolano si era preso l’intera squadra sulle spalle e l’aveva portata senza mezzi termini a braccia alzate sotto l’Arco di Trionfo. Contro la NPC – è vero – con la compartecipazione di Pacher, per acciuffare il supplementare. La buona vena conclusiva di Carlos nelle due gare iniziali aveva finalizzato il grande sforzo, da un punto di vista nervoso prima che tecnico, di squadra nel perseguire la rimonta. Poi cosa è successo?

44 punti totali con 9/18 da due e 5/11 da tre contro Tortona e Rieti;

12 punti totali con 3/15 da due e 1/11 da tre contro Casale e Latina.

Il dato delle palle perse è eccezionalmente in controtendenza: dalle 11 fatte registrare nei primi 80 minuti del campionato alle sole 4 nei restanti 80. Ma vedremo che di vere e proprie tendenze e controtendenze è lecito parlare ma è quanto meno opportuno farlo con cautela. Del resto, dopo una pre-stagione giocata a singhiozzo e il campionato non ancora giunto ai Santi, i pregi e i difetti di Morais possono considerarsi già tutti disposti in bella evidenza sul piatto.

Tiratore dal palleggio micidiale, specie se in ritmo, di quelli a cui non puoi far nulla, quando si erge in sospensione, se non raccomandarti all’Altissimo, possiede esplosività nelle gambe e forza nella parte alta del corpo tali da permettergli, a 33 anni suonati, di arrivare al ferro con discreta potenza. Paradossalmente l’ottimo controllo del corpo che dimostra nelle virate, che sovente utilizza per liberarsi del marcatore nel pitturato, fa a pugni con la pessima gestione della palla (tradotta in palle perse superficiali). Il numero di palleggi fatti sul posto ha già messo a rischio i basamenti del PalaEstra.


Ricordate il canestro della vittoria a Tortona? Pura onnipotenza. Adesso tenetelo lì, che alla fine dell’articolo può tornare utile.

Arrivato a Siena, si definì altro rispetto ad un “one man show”. Sul campo, per il momento, ha già eseguito un paio di show individuali di notevole caratura, mentre deve ancora macinare parecchio per dimostrare di appartenere a un Sistema, come coach comandi. “È sempre stato così!” dice qualcuno appellandosi alla famosa gara contro Team USA da 24 punti e 10 palle perse. “È uno dei migliori tiratori piedi per terra che abbia visto da un po’ di tempo a questa parte”, rivelò Dwane Casey, allenatore dei Raptors della fugace apparizione di Carlos nella preseason NBA del 2013.

Ad aggiungere ancora fumo sulla questione, nelle prime 4 gare di A2, dei 18 canestri segnati da Morais, soltanto 2 (una tripla dopo scarico da post basso contro Rieti e un’altra bomba a babbo morto nel quarto periodo di Casale) sono scaturiti da assist di un compagno. Gli altri tiri realizzati Carlos li ha sempre presi dal palleggio.


Contro Tortona e Rieti, la pericolosità al tiro dal palleggio di Morais è stata colpevolmente sottovalutata. Come si nota dal video, Toscano passa dietro sul blocco di Poletti, l’aiuto di Gigli è troppo timido e per Carlos è un gioco da ragazzi alzarsi in sospensione e segnare il jumper. Nelle rare occasioni in cui i coach avversari hanno accettato il cambio difensivo, facendo finire i vari Garri, Tuoyo o Gigli sulla guardia senese, il numero 6 ha avuto gioco facile nel creare separazione dal palleggio, prendendosi tiri comodi, con spazio.

Ma nelle prime due uscite, seppure un po’ a intermittenza, Morais è apparso a proprio agio anche all’interno dei giochi di Moretti. Finché ha condiviso il backcourt con Marino, prima dell’infortunio alla caviglia del capitano, è stato spesso impiegato come attaccante secondario (passatemi il termine per la verità improprio), per l’appunto dopo il primo pick&roll giocato dal suo play. Sotto, è possibile vederlo all’opera nello schema “pugno”.


Marino gioca il primo pick&roll iniziando a muovere la difesa, Morais porta un blocco cieco al bloccante di Marino (Pacher) ed esce in punta per giocare a sua volta l’uno contro uno centrale. Il campo è aperto poiché correttamente Pacher, dopo esser stato coinvolto nel gioco iniziale, va ad occupare l’angolo basso, al di fuori della linea dei tre punti, e lo stesso fa Poletti sull’altro lato. Entrambi costituiscono delle serie minacce per la difesa reatina, così i rispettivi difensori restano a casa, come si suol dire, ovvero sull’uomo. L’area è libera e Morais può sfruttare la propria rapidità sul primo passo per battere il diretto avversario ed arrivare fino in fondo.

***

Fin qui le situazioni di gioco positive. Abbiamo detto però che dopo Rieti è cambiato qualcosa. Forse. Innanzi tutto ha pesato l’assenza di Marino, uscito prestissimo dal campo contro Casale. Senza il play titolare, a Morais è stato chiesto un supplemento di lavoro in regia, non esattamente il pezzo forte della casa. È probabilmente presto per dirlo (4 gare restano un campione esiguo), ma Carlos sembra non possedere nelle proprie corde il tempismo per mettere in ritmo i compagni, come invece riesce egregiamente al numero 8.

Un conto è impiegare il suo uno contro uno insistito dopo aver mosso la difesa o in caso di gioco rotto, un altro fargli cominciare l’azione. Complice anche l’exploit di Sanguinetti contro la Benacquista, i compiti di Morais non sono cambiati granché. Quello che è apparso leggermente modificato è l’atteggiamento delle difese su di lui, una volta conosciuto e studiato il suo repertorio.


Tanto per cominciare, Ferrari e Gramenzi, a differenza dei loro predecessori sulla panchina opposta alla Mens Sana, hanno fatto un uso massiccio del cambio sistematico in difesa. Nell’esempio sopra, vediamo come l’eroe di mercoledì sera, Michael Carlson, accetti di buon grado il cambio di marcatura che lo porta ad accoppiarsi perentoriamente con Morais. Grazie a posizionamento e scivolamenti difensivi competenti riesce ad impedirgli il tiro immediato e a tenere il tentativo di penetrazione successivo.

Certamente poter disporre di lunghi mobili e versatili come Carlson e Baldassarre, o anche Martinoni, aiuta non poco il compito degli staff nell’arginare l’attaccante angolano. Uscire aggressivamente con il difensore del bloccante non è stata però l’unica strategia difensiva utilizzata dagli avversari di Siena.

In generale, rispetto alla due gare di apertura, le difese hanno mantenuto un atteggiamento molto più coperto, quando la palla finiva nelle mani di Carlos. La prima linea di Casale fa scuola, in questo senso (vedi azione qui in basso): Morais in posizione di triplice minaccia, difensori ai lati "flottati" verso il centro, con Tinsley che chiude prontamente la penetrazione mancina (e dopo lo stoppa) e Denegri che scoraggia la via da destra. Segnino pure Ranuzzi e Sanguinetti, se riescono.


***

Indipendentemente da quello che ogni difesa sia in grado di presentare, esistono probabilmente delle caratteristiche tecniche connaturate nel giocatore, ormai nella maturità e oltre della sua carriera, con cui è difficile scendere a patti. Con buona pace dell’ottimo Dwane Casey, che – non ce ne voglia – è stato cacciato da Toronto dopo aver ottenuto il premio di allenatore dell’anno, l’esterno angolano non diventerà mai un cecchino infallibile, instancabile nel gioco senza palla, che adora ricevere sugli scarichi. La parte migliore della propria pallacanestro continuerà ad esprimerla creando dal palleggio.

Chiariamoci, la testa di Morais sembra quella di un giocatore intelligente, capace di calarsi nella nuova realtà e di adattarsi ai dettami del nuovo coach. I giochi di Moretti presuppongono un rapido ingresso nell’azione d’attacco. Se Morais riuscirà a limare il tempo che oggi gli occorre per attaccare la difesa, diventerà probabilmente anche più efficace. Il ritorno, al suo fianco, di un catalizzatore di gioco come Marino non può che giovargli. E poi ci saranno sempre, dietro l'angolo, quei 5 minuti in cui costringerà il pubblico del PalaEstra a chiedersi cosa ci faccia uno così in A2.


Per il momento però, il lesto Baldassarre, che sa che Morais cercherà l’affondo di potenza, si fa trovare già appostato con le braccia protese là dove l’angolano andrà a virare. Ricordate la prima azione? Mettetela a confronto con questa e trovate le differenze.



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