mercoledì 16 maggio 2018

Con franchezza

Era il 2 giugno 2004, la Mens Sana di Recalcati vinceva gara-2 di finale scudetto in casa della Fortitudo con 26 punti di Bootsy Thornton. Lo stesso giorno a Milano 500 tifosi si trovarono dal sindaco per protestare contro la possibile scomparsa dell'Olimpia. All'indomani sulla Gazzetta dello Sport uscì un appello a 10 imprenditori, per evitarla. A quell'appello risposero, in particolare, Moratti, Galliani e Armani, che dopo quattro anni da sponsor è diventato proprietario, dandole un futuro tra le prime 16 d'Europa.

Era lunedì 8 febbraio 2016 quando il cda della Mens Sana si dimise in blocco, insieme al presidente della Polisportiva proprietaria. Certo fu per le responsabilità amministrative di fronte al rovinoso fallimento verso cui si stava crollando, ma quella mossa shock seppe produrre in città una reazione che ha portato a un caso più unico che raro nella storia dello sport e d'Italia di una società salvata dalla sua gente. E' evidente che imprenditori come quelli che hanno salvato Milano non sono ovunque, ma un allarme dato in tempo vale la salvezza.

Due premesse, per arrivare alla domanda a cuore aperto all'attuale proprietà della Mens Sana: ce la facciamo? A Filippo Macchi, che è la persona attorno a cui ruota tutto: Filippo, ce la facciamo? A Massimo Macchi, che alla sua carriera di top manager non aveva certo bisogno di aggiungere la presidenza della Mens Sana, e in questo tutti hanno letto una garanzia: Massimo, ce la facciamo?

A nessuna persona con un minimo di consapevolezza della situazione sfugge che senza l'intervento di Soundreef, anticipatore di quello della Siena Sport Network, la stagione appena conclusa non ci sarebbe neanche stata. Al momento del loro ingresso la Mens Sana stava rotolando verso una nuova messa in liquidazione, e fallimento, e sparizione. Il fatto che la fine fosse inevitabile in mancanza di interventi (altrimenti come sarebbe stato possibile un passaggio di proprietà quasi a zero?) aveva evidenze talmente chiare a chiunque seguisse un minimo la Mens Sana da non potersene stupire successivamente, anche qualora, una volta messe le mani dentro, la situazione si fosse rivelata peggiore di come era stata venduta. E comunque continuare a parlarne, non aiuta a risolvere ora una situazione difficile.

Non cambierebbe la sostanza capire quanto (rispetto ai 330mila euro di impegno preso in estate) sia stato il contributo effettivo del Consorzio, che con la sua inspiegabile gestione si è ora di fatto tirato fuori dalla vita sociale del club. Ma al netto di tutto questo, se l'esercizio 2017/18 dovesse chiudersi con una perdita superiore al -320mila dell'esercizio precedente vorrebbe dire che, al di là della situazione trovata, i conti invece che essere risanati sarebbero perfino peggiorati. Poi i bilanci, come è noto - e senza evocare immagini colorite notoriamente associate a questa massima - si possono tirare di qua e di là, fino a far tornare i conti. Quello che è ineludibile è la crisi di liquidità quotidiana che da gennaio-febbraio è cresciuta a livelli inevitabili quando una situazione di emergenza dura così a lungo. Ogni giorno ce n'è una. Anche due, tre, quattro in realtà: giusto per dire che non si sta mai tranquilli. Dagli incontri con l'Associazione dei tifosi non si viene mai fuori con un allarme, ma siamo ben oltre le normali difficoltà di una società.

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Sono le settimane in cui si parla di Comtec e di lodi. Ma c'era stata la luce staccata dalla Polisportiva, per un imprevisto. Per citarne solo alcune, prima c'erano stati i ritardi negli stipendi ai giocatori, di dominio pubblico quando è emersa l'ipotesi dello sciopero. Con molta meno pubblicità ci sono dipendenti non pagati da mesi in società, nello staff, nelle giovanili, nessuno dei quali con stipendi alla Ebanks e anche senza la possibilità di minacciare un lodo. Ci sono ristoranti, alberghi, fornitori, padroni di casa in difficoltà... e poi se in città girano voci si evocano complottistiche azioni politiche, quando forse basterebbe onorare gli impegni per metterle a tacere. Ci sono stati tre giocatori che hanno subìto uno sfratto esecutivo. Ci sono state trasferte che si è rischiato di dover fare con le macchine perché non si era saldato il pullman.

Spingendosi con la logica dove non arriva la conoscenza, l'unica alternativa al fatto che i soldi non ci siano è che non ci sia la volontà di metterli. Quando ci si è trovati spalle al muro, di fronte ai regolamenti o all'opinione pubblica, in linea di massima si è sempre trovato il modo di provvedere. Ma quando si arriva a chiedersi chi si deve pagare prima e chi ancora no, come alla Mens Sana succede da mesi, siamo già nel momento in cui ci si fa la domanda sbagliata. C'è una società che rispetto a inizio stagione ha visto andarsene, oltre all'allenatore, il presidente e l'amministratore delegato: le figure centrali. E anche del responsabile marketing dopo la presentazione si son perse le tracce. C'è ormai un problema anche di credibilità. Per qualsiasi uomo della strada è naturale chiedersi: che significa? ora che succede? Chi ha un minimo di conoscenza più diretta della situazione si spinge ad azzardare delle risposte. Non positive.

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Su questo blog la scelta, combattuta e magari sbagliata, ormai da mesi, è sempre stata lasciare costruttivamente il tempo di lavorare per risolvere. Abbracciando con convinzione la speranza che le soluzioni arrivino dalla gestione Macchi. Anche perché allo stato dei fatti è l'unica via possibile: oggi la Mens Sana coincide con la gestione Macchi, volere che la Mens Sana ce la faccia significa volere che la gestione Macchi ce la faccia. Ma adesso siamo a un punto in cui non è più il tempo di chiedere di fidarsi, è il tempo di dare motivi per farlo. Questa gestione ha dimostrato disinvoltura - nel senso di abitudine, normalità - nella capacità di navigare in brutte acque, annaspando ma trovando sempre risorse per non affogare, restando sempre a galla in qualche modo. E' un complimento: è una dote di pochi. Ma quanto è possibile resistere (tutti: la Mens Sana, la proprietà, tutti) in queste condizioni?

Dipende poi dalla sensibilità individuale, ma a scanso di equivoci coi professionisti dell'incomprensione, coi campioni della permalosità e coi masochisti del sentirsi offesi quando non ce n'è ragione, queste riflessioni non nascono con intenti destabilizzanti. Al contrario, con intenti di supporto. Ma una società sportiva non è un'azienda che deve rispondere solo ai propri soci: dietro ha una città, una storia, la sua gente. Se non si parla chiaramente, come possiamo essere di aiuto? Aiutateci ad aiutarvi. Serve una mano? Oppure non c'è bisogno di aiuto? (assumendosi però ogni responsabilità di questa posizione) E peraltro il rischio che questa situazione esploda nel mese che porta alle elezioni amministrative dovrebbe in realtà scuotere anche altri ambienti.

E sono riflessioni che non nascono neppure perché ci sono soluzioni già pronte. Dietro non ci sono immaginifici compratori russi tornati d'attualità in questi giorni (la ricomparsa di certi attacchi web ha modalità troppo singolari perché abbia senso pendere da certe labbra). Magari arrivasse Bill Gates! Di certo la soluzione non possono essere di nuovo i tifosi, perché hanno già dato, e perché non possono essere loro a pagare (non solo affettivamente) le colpe di altri, posto che al cuore non si comanda, e se ci fosse bisogno forse la generosità dell'amore prevarrebbe sulle rivendicazioni del già dato e sul bilancino del senso di giustizia. L'unico approccio che conosciamo è: parlarne, far sapere, al di là di quanto è già evidente a tutti, cercare strade, fare.

Queste domande quindi non nascono neanche da soluzioni pronte, ma solo dalla preoccupazione: CI SI FA? E' solo onesto riconoscere i meriti per quanto è stato fatto finora, la fatica dello sbattimento quotidiano in una situazione molto difficile e lo slancio di aver provato a dare una visione futura, che però oggi non è coerente col presente. Opinione personale, magari facendosi abbindolare ingenuamente: il domani sembra ben più promettente di oggi. Ma c'è da spiegarlo a quelli che oggi reclamano quello che gli spetta, a cui va solo rispetto. Prima c'è da passare la nottata. CI SI FA? E poi quanto può durare la nottata? Che prospettive ci sono? Un mese, due mesi, sei mesi, un anno? CI SI FA? Le prospettive c'erano e non ci sono più? C'era un piano. Sta in piedi? Va ripensato? E' ancora sostenibile? CI SI FA? Il basket insegna, per chi ha imparato a capirlo: è sempre meglio chiamare un cambio, o almeno un timeout, e  magari disegnare un gioco diverso, piuttosto che morire con la palla in mano.



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2 commenti:

  1. Concordo, ottimo articolo come sempre, che spiega anche il motivo per il quale il blog non sia stato utilizzato, fin'ora, come cassa di risonanza per problematiche note a tutti!

    mi domando speranzoso: come si può ipotizzare un domani migliore considerando tutte le enormi difficoltà attuali?

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