venerdì 18 dicembre 2015

Après nous le déluge

Non è per cadere nel trito e ritrito di un argomento già affrontato, solo per darsi ancora di gomito a vedere quel che è successo. Ma proprio perché c'era stato modo di parlarne, è solo giusto ora dire anche come è finita: Male. L'Italia in Eurolega non era mai andata così male, da che esiste in ogni sua forma o declinazione. Non che parlarne c'entri qualcosa col livello attuale della Mens Sana, che è un altro e ha la sua piena dignità in quanto "altro". Ma c'entra col tipo di cultura di livello europeo che Siena ha vissuto e promosso negli anni e che oggi è un patrimonio totalmente disperso.

Non siamo neanche a Natale e già si può dire di aver sentito per l'ultima volta la musichetta dell'Eurolega su un campo italiano. Facendo ricerche da fonti che vanno prese con beneficio d'inventario, solo una volta nella storia della massima competizione continentale di basket l'Italia non ha mai avuto una propria rappresentante tra le prime 16 d'Europa. E successe, nel 1959/60, per una strana storia di squalifica per la Simmenthal Milano che non si provvide a sostituire con un'altra squadra. Quindi praticamente perché non ci si presentò.

L'Eurolega di Sassari e Milano è stata capace di azzerare a quel livello lo spessore del basket italiano in Europa. La Dinamo ha perso 19 partite su 20 in due anni, con l'aggravante che questa stagione con lo scudetto sul petto aveva l'onere e la responsabilità di rappresentare il basket italiano. L'ha rappresentato così. Visto di persona lo scempio col Limoges, dopo aver già visto all'andata anche quello col Cedevita: le sole tre vittorie di Milano nella prima fase eguagliano il suo peggior risultato di sempre, peraltro proprio dopo che nelle due stagioni di Banchi si era risollevata rispetto a quei primi sei anni dell'era Armani per quattro volte fuori dalla Top 16. Un trend così annunciato che le conclusioni c'era già stato modo di trarle tempo fa.

Il rischio fraintendimento è antipatico: a parlarne troppo sembra che quello che è venuto dopo debba fare schifo per forza o che il basket sia stato inventato a Siena (peraltro il basket-ball forse no, ma la Palla al Cerchio sì :D). Ma è proprio impossibile capacitarsi di quanto i nuovi aspiranti padroni del basket italiano non abbiano colto uno dei fondamentali della più lunga dinastia vincente del basket italiano, che dal confronto europeo traeva quel gusto per la sfida epica e quella aspirazione a far meglio che il campionato italiano dà sempre di meno. Non sanno cosa si perdono. Lo capissero, sarebbero già a metà dell'opera. Lo hanno capito più di altri forse solo Reggio Emilia prima e Trento poi. Non è un caso che siano forse i due club con l'identità più riconoscibile e stimata.

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