Complimenti alla Robur, orgoglio per la Robur. All'ultima giornata, dopo la festa rimandata col Gavorrano, aumentando forse il gusto del testa a testa col Poggibonsi (fermato poi sul pari dalla Colligiana). Il calcio senese torna tra i professionisti, lo sport senese torna tra i professionisti rialzandosi dalla quarta serie dove era precipitato nel calcio e nel basket dopo il doppio fallimento dell'estate 2014. La gioia è natura personalissima, ma l'orgoglio e i migliori auspici sono ragionevolmente e convintamente di tutto lo sport e di tutti gli sportivi
senesi.
La formula diversa tra Serie D di calcio e Serie B di basket porta a
poter fare il bilancio di una delle due quando ancora non si sa come
finisce l'altra, e se tutto va bene non si saprà per un mese. Peraltro
formule diverse con ricompense diverse: la Robur promossa in Lega Pro
sale in terza serie, per la Mens Sana la promozione sarebbe un salto
doppio nella nuova seconda serie unica che nascerà dalla riforma dei
campionati.
La ripartenza dal basso era l'eredità lasciata a entrambe dal malgoverno societario e dalla correlata cattiva gestione dell'uscita dalla banca, che aveva finito per diventare per entrambe una matrigna, che con una mano dava e con l'altra toglieva: alla Robur si è continuato a far credito ma la sponsorizzazione è finita un anno prima, alla Mens Sana sono stati tolti i fidi quando ancora c'era un ultimo anno di rapporto in essere.
Se tornando alle radici la Mens Sana ha trovato lo stesso zoccolo duro, o poco più, di quello che aveva 25 anni fa in B1 (2000-2500 persone... certo, era la terza serie e non la quarta), nel calcio questi anni ruggenti hanno lasciato in eredità invece un'impennata del seguito e della penetrazione della passione in città, perché i 4000 abbonati della Robur sono molto di più di quanto si vedesse ai tempi di C1 e C2. Tra i due popoli, non necessariamente distinti, c'è stata in passato anche ostilità (abbastanza a senso unico), che sarebbe comodo ma ipocrita ricondurre solo alla presenza di
Minucci: forse è stato così per molti, non per tutti, sfociata poi in guerre di religione calcio contro basket. In questa ripartenza, pare tutto dimenticato.
Il Siena è ripartito, tra gli altri, da Vergassola e Portanova. La Mens Sana da Chiacig, non da Carraretto (per scelta del giocatore) o da altri protagonisti recenti (per scelta propria e difficoltà oggettive). Detto questo, nella costruzione dell'organico con cui cominciare la risalita, Siena e Mens Sana hanno fatto scelte differenti, anche a 180°, per età media e pedigree per la categoria, così come opposta è stata la scelta della personalità della guida tecnica e diversa la struttura societaria.
Antonio Ponte e Piero Ricci sono entrambi nomi che vengono dal passato, che addirittura convissero in una fase della vita dell'Ac Siena, quella immediatamente precedente e poi contemporanea all'era-De Luca. Ma da sempre l'idea di società che c'è dietro calcio e basket è molto diversa. Tradizionale, con un proprietario unico, quella della Robur. Almeno finché il basket resterà all'interno della Polisportiva il cui bilancio è sostenuto dalle quote dei quasi 3000 soci, l'idea di società della Mens Sana si avvicina veramente al concetto di public company, al di là dell'uso talvolta strumentale e forzato di questa definizione come specchietto per le allodole mentre il club diventava veicolo di transito per denari inimmaginabili.
Specularmente al diverso modello societario, per entrambe si pone la questione della sostenibilità economica a un livello superiore. Nel calcio si declina quindi come ingresso di nuovi soci se non addirittura di una nuova proprietà, nel basket come reperimento di risorse aggiuntive (molto aggiuntive) dagli sponsor, sebbene sul lungo termine saranno da valutare anche ingressi nelle quote societarie.
All'orizzonte per la Mens Sana si pone infatti la questione della creazione di una sezione autonoma, con una società a se stante come in passato: la struttura, secondo i dettami Fip, inizialmente dovrà ricalcare quella della casa madre, ma non per sempre. Cedere piccole o grandi quote a nuovi soci è una strada per cullare l'ambizione di tornare ad alti livelli, che difficilmente la Polisportiva riuscirebbe a sostenere. Ma è chiaro che non è una strada necessaria: si potrà restare ai livelli che ci si possono permettere, o si potrà a fare il salto trovando una formula (come fu il coinvolgimento della banca) per attivare risorse senza cedere il controllo. Fosse facile trovarla, lo farebbero tutti.
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