Forse non c'entra con la Mens Sana, o comunque c'entra poco. Si raduna la Nazionale. Non tutti vivono la Nazionale alla stessa maniera. In teoria, e anche in pratica, è la squadra di tutti. Poi il tifoso della Mens Sana - come di ogni altra squadra - non è necessariamente anche un appassionato di basket in genere, sempre che sia questo il profilo di chi si appassiona agli azzurri, e pensandoci bene forse non è esattamente così.
Ma per molti la Nazionale è la squadra che farà trepidare, arrabbiare, godere, discutere, polemizzare, sognare, infiammare, innamorare, disinnamorare, unire, dividere, sviluppare ed esibire opinioni forti durante questa estate senza campionato. Una squadra in cui incidentalmente ci sono quattro ex mensanini. Più uno.
C'è Daniel Hackett, l'mvp dell'ultimo scudetto vinto dalla Mens Sana, ancora molto legato a Siena, nel senso degli amici che ha lasciato qui, e ora che ha lasciato Milano neanche più identificato strettamente come uomo passato al nemico mentre la barca affondava (per salvare la Mens Sana? per il proprio tornaconto? per il tornaconto di altri?). E' un ragazzo che polarizza le opinioni, a favore o contro, chiamato in un ambiente con cui ha avuto difficoltà serie negli ultimi due anni, e due anni fa a gestirle c'era la Mens Sana (riuscendoci meglio di chi le ha dovute gestire l'anno dopo). Poi c'è Luca Vitali, che in realtà a Siena fece un'annata sola, anche nell'Under 19 più forte che la Mens Sana abbia mai avuto.
Era compagno di Gigi Datome, che di questa Nazionale è il capitano, fresco di ricchissimo contratto al Fenerbahce. In parte incompreso a Siena, sicuramente esploso quando è andato via, ma senza impedire a chi lo ha conosciuto qui - seppur giovanissimo, e lontano dalla maturità attuale - di apprezzarlo veramente. Infine c'è Pietro Aradori, e qui il ricordo non è così unanime. Veri o a volte presunti, ci sono stati atteggiamenti difficili da accettare e lunghi mesi di dedizione alla causa alla causa non altrettanto rumorosi, atteggiamenti forse legati più alle persone che erano alla Mens Sana, piuttosto che alla Mens Sana stessa o alla sua gente.
E a proposito di persone, c'è Simone Pianigiani. Tanti a Siena si sentono, e forse si sentiranno a lungo, per sempre, feriti per l'assenza di un figlio della Mens Sana nei momenti più dolorosi nella storia della società, proprio da parte di chi occupa uno dei ruoli istituzionali più alti nel nostro basket. Poi c'è chi tende a pensare che, oltre all'indole caratteriale, possano esserci anche dei motivi personali che a volte non aiutano a fare quello che si vorrebbe e dovrebbe, ma un approccio un po' più lucido alla verità sarà possibile solo quando tutto sarà finito (l'inchiesta, segnatamente) e sarà possibile riavvolgere il nastro. Non sarà il suo ruolo apicale in questo momento del basket italiano a cancellare le idee su di lui che ognuno si è fatto. Ma vederlo là, dopo averlo visto per sei anni sulla panchina della Mens Sana, e tanti altri ancora prima da assistente, e tanti altri ancora prima in palestra in altre vesti, non può lasciare indifferenti nessuno.
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