Dopo un anno a parlarsi addosso (quest'ultima settimana a ritmi doppi), arrivati al weekend in cui si tirano le somme di tutta la stagione, capita di accorgersi che non c'è niente da dire. Sarà che Mens Sana-Fortitudo è una partita così potente di per sé, figuriamoci nel contesto di una Final Four di B, che non esiste un solo argomento che possa accompagnarne l'avvicinamento.
Si può parlare di Marco Carraretto, l'ex capitano che divide. Ci sono divisioni molto più forti, oggi, in pancia alla gente di Mens Sana, ma il suo addio è stato uno dei primi elementi di spaccatura all'alba di una stagione, quella 2013/2014, in cui sarebbero arrivate divisioni su argomenti sempre più sostanziali. Un anno dopo ha diviso ancora, per la sua scelta di non tornare a Siena: sul piano tecnico non necessariamente un male per la Mens Sana, ma non ritrovarsi non lascia mai belle sensazioni. Il contrappasso è ritrovarsi adesso, ma da avversari, per la partita copertina dell'intera stagione.
Se ne può parlare, ma alla fine se si vuole ragionare di che gara sarà, restano chiacchiere da bar. Perché a uno che ha vinto sette scudetti, di fronte alla partita più importante dell'anno non possono tremare le gambe perché ritrova la squadra dove ha vinto quei sette scudetti. Se il suo attaccamento fosse stato così forte da far passare in secondo piano il sacrosanto professionismo, nella squadra dove ha vinto quei sette scudetti ci sarebbe già tornato. Quindi parliamo di niente. Lo stesso vale per gli altri ex, o della storia passata tra i due club. Argomenti buoni per chi come tutti noi sta fuori dal campo. Se parliamo di partita, Carraretto è quello a cui togliere tiri puliti da tre.
Si può parlare di Forlì. Non tanto dei tanti viaggi per la Coppa Italia da cui la Mens Sana è sempre tornata con poco per le mani, quelle eliminazioni con Napoli, Cantù e Roma... Ma quello che è Forlì per la Fortitudo. Ovvero il posto dove già cinque anni fa si era compiuto quello che la Fortitudo cerca oggi, il successo che vale la Serie A2. Canestro di Malaventura all'ultimo secondo della bella, contro Forlì. Promozione. Poi implosione, fuori dal campo, fino a ripartire dai campionati regionali e tornare solo quest'anno a riveder le stelle. Anche qui però chiacchiere da bar. E' il patrimonio di un popolo, in questo caso quello della Fortitudo. Ma chi va in campo a queste cose non pensa, non al momento di giocare.
Se c'è qualcosa di extra-tecnico che entrerà in gioco, non saranno i ricordi, di Carraretto o Forlì (due
parole entrate spesso nella stessa frase nell'ultimo anno...), ma sarà più facilmente la cornice. Tremila tifosi della Fortitudo: la Mens Sana gioca in trasferta. E se in casa è stata quasi imbattibile, fuori casa ha dimostrato anche ai playoff di non perdere lucidità, anzi, anche se i palazzetti di Livorno e Cecina. La cornice ha impedito alla Fortitudo di perdere in casa, nella stagione o nella storia? No, e allora anche in trasferta si può vincere. Certo, poi, che tutti questi fortitudini sono una cornice così bella che non sarebbe male averceli anche per la giornata di domenica... No?
Si può parlare del fatto che da quando c'è Boniciolli, la Fortitudo non ha mai perso se non una partita in cui gli mancava il proprio miglior giocatore. Eloquenza godibile ma a volte eccessiva. Non ha mai nascosto i suoi sentimenti nei confronti della Mens Sana. Era la Mens Sana minucciana e pianigianesca, ma sempre Mens Sana. Stavolta ha detto che sta già pensando al derby con la Virtus che giocherà tra due anni come se fosse cosa fatta. Avrà ragione lui a considerarla una formalità. A considerare una formalità la promozione dall'A2 alla A, una formalità l'evento di Forlì. Una formalità la Mens Sana.
Si può parlare di riposo. Del fatto che la Fortitudo ha avuto dodici giorni tra l'ultima partita con Montichiari e questa Final Four. La Mens Sana ne ha avuti cinque scarsi dopo l'ultima partita con Cecina. Fa una settimana di differenza, in questo calendario folle che ha preso a calci l'equità competitiva (di questo si potrebbe parlare ancora, fino a stanare i responsabili di questa vergogna). I cinque giorni che ha avuto la Mens Sana, rispetto ai tre che potevano essere, garantiscono ancora cittadinanza alla chiacchiera sul fatto che cinque giorni di pausa siano meglio di dodici per non perdere il ritmo partita. La Mens Sana in verità è la dimostrazione del contrario: è dopo i dieci giorni della prima pausa che è arrivato il +26 di gara-3 a Livorno, è dopo i quindici giorni della seconda pausa che è arrivato il +27 di gara-1 con Cecina...
Tante chiacchiere, dunque, ma niente di concreto di basket. Al massimo ci si è provato raccontando che squadra è questa Fortitudo. Sarà che venire da due gironi diversi rende difficile il confronto. Sarà che aleggia sempre il dubbio che non ci sia partita. E tante cose che sono venute fuori anche così, parlando di niente, non vanno necessariamente in direzione mensanina. Quest'idea di catalizzare tutte le energie su una partita sola, ha senso nell'ottica della possibile serata della gioia liberatoria, non perché il mondo inizi e finisca qui. C'è un esame di riparazione il giorno dopo, per dire, e se sarà il caso, ci vorrà la lucidità per ricordarsene, coinvogliando eventualmente su quella le poche energie rimaste. Ecco perché sembrava che non ci fosse niente da dire. Perché le chiacchiere non finiscono mai. Poi a un certo punto comincia il campo.
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