lunedì 13 aprile 2015

Bandiera gialla

Nella partita più importante che si giocava a Siena questa domenica, il Costone ha festeggiato la promozione. Torna in quella che per capirsi si chiamava Serie C1, al termine di una stagione ora trionfale, dopo aver anche vinto la Coppa. Con la nota di merito aggiuntiva, per i protagonisti in campo, di aver costruito una stagione vincente anche senza gratificazioni economiche, alla pari di chi la passione ce la mette da sempre fuori dal campo. Anche a questi livelli è l'eccezionalità: gente unita solo intorno a un obiettivo comune. E a un'idea di gruppo.
 
Parlarne in questo caso è molto personale. Prima c'è l'orgoglio per gli amici diventati costoniani. Poi c'è la gioia per i costoniani diventati amici. Poi c'è la soddisfazione per una squadra di Siena che ha successo. Quindi il piacere di vedere meritatmente gratificata un'identità, una cultura, un modo di essere, sapendo che con pregi e difetti sarebbero rimasti inalterati anche senza premio, dopo aver resistito alla prova del tempo e del mondo che tutto intorno è cambiato. Da più di 50 anni.

Vaiano non rovina la festa del Costone: dopo la Coppa arriva anche la promozione
Posted by toscanabasketlive.it on Domenica 12 aprile 2015

C'è stato un periodo, durante questa stagione, in cui il Costone ha goduto di una particolare popolarità. Merito di un'ondata di intraprendenza (anche se altre interessanti iniziative c'erano state anche in passato) percepita, a seconda delle diverse sensibilità, come freschezza o come ambizione, coi rischi del caso per una realtà che ha fatto delle radici la propria ragion d'essere. Probabilmente quelle viste all'opera sono state semplicemente le soluzioni che servivano a fronte delle necessità del momento.

Personalizzare è sbagliato anche perché al Costone fare un nome significa ometterne immeritatamente altri venti, trenta: in una realtà che si regge sullo zelo personale, sarebbe mortale mortificarlo. Oltre che della squadra, è l'occasione per aprire maggiormente le finestre verso l'esterno di un mondo non perfetto ma completo a se stesso, che ha la propria ricchezza nella coesione dell'autoreferenzialità, nel palazzetto, nella passione. Le famiglie, il minibasket, la senesità.

Non è vero che siamo tutti costoniani. Farne una moda senza sposarne l'essenza significa non rispettarne un'identità fiera fatta, tra le altre cose, anche della rivalità con la Mens Sana. E di un modo di essere non per tutti, aperto all'esterno ma che dell'esterno ha imparato anche a fare a meno. In medio stat virtus, evocando indirettamente un'altra perla cittadina (quella di via Vivaldi), nella settimana in cui è andata a spiegarla in casa della prima in classifica e adesso auspicabilmente proverà a giocarsi tutte le sue carte alla seconda fase.

Un'identità forte, un'idea, una personalità: a prescindere dalla categoria e dalle risorse (la cui carenza toglie ossigeno a tutti), di questo ha bisogno il basket senese da ognuna delle sue realtà, perché non ci siano padroni né ancelle, ma mondi che si completano e compenetrano, in quella che non ha mai smesso di essere Basket City.

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