lunedì 20 novembre 2017

Stelle Frullanti: Tu vuò fa l'americano (e gli americani che fanno?)

«Questa squadra farà divertire». «Simonovic deve giocare perché è un prospetto Nba». Parole del presidente Guido Bagatta al momento dell’esonero di Giulio Griccioli. Parole di chi, per cooptazione, rappresenta la società e la proprietà biancoverde. Dichiarazioni che, lette oggi, sembrano provenire da un mondo troppo lontano dall’attuale Mens Sana, ispirate da quella realtà a stelle e strisce di cui Bagatta è esperto. L’essere ‘americaneggianti’ come grimaldello per riconquistare la Siena cestistica e un ruolo di primo piano nella pallacanestro nazionale. I risultati stanno andando altrove e la sconfitta con Cagliari, culminata con la durissima contestazione del finale di partita, rappresenta solo il culmine di quanto accumulato nelle ultime settimane.

Bagatta non c’era contro Cagliari . Era assente anche a Scafati e dopo quel match arrivò l’esonero di Griccioli. Ieri, alla prima partita casalinga giocata lontana dagli occhi del presidente, si è consumato lo strappo più lacerante con la tifoseria. Al di là dalla singolare casistica, è il faccia a faccia finale squadra-tifosi a fare notizia. Era forse dai tempi di Frates, o della contestazione a Stonerook, Hamilton e Woodward, che non si vedeva qualcosa del genere. Ed è questo un fattore su cui riflettere visto che anche i cataclismi legati all’inchiesta Time Out e al fallimento non avevano mai prodotto simili scene di rabbia.

Con Cagliari, la Mens Sana ha dimenticato di essere la Mens Sana, giocando con sufficienza – come ammesso da Mecacci e Macchi durante il mea culpa del post-partita -, come fanno a volte le franchigie Nba durante la regular season. Solo che sugli spalti non ci sono appassionati di uno spettacolo con pop corn, hot dog e bibite: ci sono persone che non solo pagano il biglietto, ma che negli anni si sono frugati in tasca per far sì che quella squadra sopravvivesse quando il domani era un tabù.

Dimenticarsi di cosa sono Siena e la Mens Sana, non quella degli scudetti ma quella delle origini, le stagioni della ‘Mensanina’ e degli anni più duri, prospettando divertimento e show (peraltro visti solo a sprazzi quest’anno), è un errore: una morfina in grado di storpiare una realtà che inizia ad emergere in maniera brusca e incontrovertibile.

Alcuni esempi.
Uno: Simonovic fisicamente non è ancora pronto per fare il centro titolare e contro Cagliari è stato dominato da Stephens nei primi 5 minuti di incontro.
Due: gli americani. Ebanks ha sì realizzato 38 punti, ma solo con fiammate di puro talento; Turner è stato ancor più evanescente. Diversa l’incisività degli americani di Cagliari: Stephens e Keene. Non tanto perché hanno realizzato in due la metà dei punti della loro squadra. Numeri alla mano, anche Ebanks e Turner hanno fatto la stessa cosa, seppur per maggiori meriti del primo. Stephens e Keene sono stati un fattore impattante sulla partita dal punto di vista agonistico ed emotivo, in attacco e in difesa.
Tre: ripartiamo dall’A-B-C, qualcuno sa spiegare, adesso, chi sono il play e il pivot titolare su cui si è puntato in estate? Una lacuna che, con il progredire del campionato, emerge sempre più evidenziando buchi neri strutturali che trascendono dai Mecacci e dai Griccioli.

«Simply is the most difficult». Lo abbiamo letto anche su questo blog. Ma in A2 è questo quello che vuol dire essere americani ed è ciò che le società e i tifosi si aspettano dagli stranieri, cioè da chi rappresenta – volenti o nolenti – il maggior investimento che un club può proporre. È questa la realtà con cui confrontarsi e in cui muoversi. La concretezza, sul parquet, viene prima di tutto. Prima lo si capisce, meglio è.



   
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