martedì 7 novembre 2017

Nel dedalo delle motivazioni

"Accertata la frode sportiva, e accertato che per effetto di essa sia stato conquistato un titolo sportivo, il tribunale può disporne la revoca". E' un passaggio delle motivazioni, uscite nelle scorse ore, dopo la sentenza di primo grado del secondo processo sportivo alla Mens Sana.

Detto che sono stati accertati dei fatti, può dirsi accertato che si tratti di "frode sportiva", per come la definisce il Regolamento di Giustizia? Ed è stato "accertato" che i titoli sportivi sono stati conquistati esattamente e solo "per effetto di essa" (e non per meriti sportivi)? E "il tribunale può disporne la revoca" significa che "deve" o (domanda retorica) forse che dipende, e che in base alle circostanze esistono anche sanzioni diverse dal massimo della pena?

Rispetto a quanto visto nel primo processo, stavolta le motivazioni sono anche ben scritte, per i percorsi logici che toccano. Un problema però, anche stavolta, sono le risposte che non danno. Le parti hanno 15 giorni per fare ricorso, e come noto lo faranno. Anche se, viste le motivazioni, anche in appello si annuncia una discussione pro forma. In attesa - come chiaro giù subito dopo la sentenza - di rivedersi al Collegio di Garanzia del Coni.

Il Tribunale Federale si è sforzato nelle motivazioni di circostanziare il respingimento delle osservazioni sulla tempistica dei 60 giorni per la pronuncia del giudizio di rinvio (ma resta valida l'idea che siano 60 giorni compreso il secondo grado?), sulla mancata comunicazione alle altre parti della convocazione della fallita Mens Sana Basket (poi ci si spinge troppo oltre osservando che tanto le difese degli altri non sarebbero state diverse), sulla mancanza di una chiamata in giudizio per il nuovo processo visto che si ripartiva dal deferimento iniziale e un nuovo deferimento sarebbe incompatibile col limite di 60 giorni dalla restituzione degli atti. Dice il Tribunale Federale che non si potevano deferire per responsabilità oggettiva per condotte di propri dirigenti o tesserati due società come Polisportiva e MSB 1871 che ai tempi neanche erano affiliate. Da qui a sconfessare il giudizio di grado superiore del Collegio di Garanzia del Coni il passo rischia di essere breve.

Le motivazioni provano a evitarlo dicendo che il Collegio non ha mai affermato la "continuità giuridica" tra vecchia e nuove società, ma quella "ideale e storico-sportiva". Dicendo che non risulta trasferimento di titolo sportivo, ma due distinti titoli sportivi arrivati il secondo (la nuova società) "sulla scorta del precedente" (la fallita Mens Sana Basket). Spiegando così le decisioni dell'estate 2014 non con l'attribuzione alla nuova società del titolo della vecchia ma come due atti distinti, esclusione di una e iscrizione dell'altra, di cui il secondo in osservanza alla facoltà del Consiglio Federale di ammettere "società a cui siano state riconosciute particolari finalità, per la promozione e lo sviluppo della pallacanestro, ecc...". Ma allora il Coni cosa intendeva quando ha deciso che il processo era da rifare, ma stavolta con dentro anche Polisportiva e MSB 1871? Secondo il Tribunale Federale, osservarne la decisione significa "consentirne la partecipazione a questo giudizio ed esplicare le proprie difese", ma non come soggetti deferiti.

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E poi finalmente si torna a parlare del merito. Ovvero l'accusa di frode sportiva, che troverebbe fondamento nella retribuzione dei tesserati e nei bilanci per l'iscrizione ai campionati. Le argomentazioni si basano sulla relazione dei consulenti tecnici del p.m. dell'inchiesta Time Out, che è pur sempre una perizia di parte e non una sentenza. Poi sarebbe folle dire che non è successo niente, e infatti - come si fa notare - nel frattempo sono intervenute richieste di patteggiamento, con quello che significano. Le condotte in oggetto sono eclatanti e le sta punendo la giustizia ordinaria, sul fronte penale. C'è però da capire se e come lo punisce l'ordinamento sportivo, e nel caso se è frode sportiva o altro. La questione è centrale perché è solo la frode sportiva che porta per responsabilità oggettiva, come pena massima, alla revoca dei titoli. E giova ricordare che per frode sportiva si intende "qualsiasi altro atto diretto ad assicurare ad un tesserato o affiliato un illecito vantaggio".

Dicono le motivazioni: "E' palese come la condotta dei deferiti possa qualificarsi di frode sportiva. Ha consentito alla società di conseguire un illecito vantaggio consistente non solo nella retribuzione a nero di atleti (potendosi così assicurare prestazioni sportive che altrimenti non avrebbero potuto essere acquisite, a danno delle altre compagini partecipanti alle medesime competizioni), ma altresì nella iscrizione ai campionati. Il controllo della Comtec non è stato reso possibile essendo stati sottoposti alla Commissione bilanci falsi della società".

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Per il primo punto, il Tribunale Federale cade in una trappola dialettica come era già successo nel primo processo: sostenere che evadendo le tasse ci si poteva permettere una squadra al di sopra delle proprie possibilità. Al bar funziona, in un'aula meno, per almeno due motivi e senza entrare nel "così fan tutti" che un mancato approfondimento sull'intero movimento ha omesso di dimostrare. Innanzi tutto è nella storia del mercato che i giocatori scelgano dove andare non solo in base all'ingaggio, ma che talvolta scelgano di prendere meno e andare altrove per ambizioni sportive, gusti personali o altro, dunque non è dimostrabile che certi giocatori non sarebbero venuti comunque. "Bastava" chiamare a testimoniare un giocatore che dicesse che era in trattative anche con altre squadre e che invece ha scelto la Mens Sana proprio per questo, o che non avrebbe scelto la Mens Sana a condizioni meno vantaggiose. Ma va provato, appunto.

E poi non è dimostrabile che potersi permettere i giocatori che costano di più, e dunque in teoria migliori, sia sinonimo di vittoria: l'anno successivo al fallimento della Mens Sana lo scudetto l'ha vinto Sassari, che non si poteva permettere i giocatori di Milano, eppure l'ha battuta (in semifinale). Le motivazioni parlano di "potersi assicurare prestazioni sportive che altrimenti non avrebbero potuto essere acquisite", ma le prestazioni sportive non le dà il mercato, le dà tutto il lavoro (e la fortuna, e altro ancora) che in campo e fuori forma una squadra durante la stagione. E comunque l'oggetto del contendere non possono essere i pagamenti in nero, altrimenti non si spiegherebbe perché chi quel denaro lo ha ricevuto ha ricevuto un trattamento così diverso (poche settimane di squalifica, da scontare... in estate) rispetto alla società che per averlo dato viene condannata invece al massimo della pena.
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Per le motivazioni la frode sportiva si sostanzia poi, come detto, anche in bilanci falsi senza cui la Mens Sana non avrebbe potuto iscriversi ai campionati che poi ha vinto. Potenzialmente inattaccabile. Potenzialmente. Innanzi tutto è una contestazione, quella sui bilanci, già formulata nei due gradi federali del primo processo, che non c'era nell'atto di deferimento, e in ogni processo si valuta se è stato commesso o no quanto contestato nel capo di imputazione, per nuove fattispecie serve un nuovo capo di imputazione. Poi, scelta come libro sacro, la relazione dei consulenti tecnici del p.m. è peraltro la stessa dicendo che "in siffatte condizioni MSB non avrebbe potuto iscriversi al campionato di basket 2012/2013", dunque escludendo dalla questione-revoca i titoli della stagione precedente. Evitare di entrare nel merito dicendo che, essendo i bilanci falsi, si è impedito alla Comtec di poter controllare, non elude una questione di logica: i bilanci sono stati imbruttiti, non abbelliti, e se hanno permesso l'iscrizione così l'avrebbero garantita anche senza costi aggiuntivi.

Il tema dei bilanci falsi non è quello di "quanto si sarebbe dovuto pagare di tasse dichiarando tutto come si doveva, e invece non si è pagato". Quella è evasione, o elusione. Per capire meglio cosa si intende, la relazione dei consulenti del p.m. parla di "sistematica falsificazione dei bilanci, con alterazione sia del conto economico, riportante costi inesistenti o sovrastimati, sia dello stato patrimoniale, riportante un errato valore di debito o credito di Iva per l'imposta sulle false fatture illecitamente dedotta". Da che mondo è mondo (finora...) le imposte sono una quota parte dell'imponibile, una percentuale. Dunque le tasse non pagate sono inferiori ai costi sottratti a tassazione. Perché i servizi per quelle fatture forse erano inesistenti, dice l'accusa, ma le fatture erano esistenti, e sono state pagate. Per questo ha una sua logica ritenere che le condotte contestate non siano state affatto funzionali ad abbellire i bilanci per potersi iscrivere ai campionati, ma che al contrario li abbiano peggiorati.

E comunque - anche se si rischia di banalizzare un argomento molto complesso - giova specificare che per superare i controlli Comtec bisogna dimostrare una capacità finanziaria e patrimoniale tale da assorbire le obbligazioni a cui far fronte durante il campionato, con un riferimento puramente comparativo al bilancio di almeno un anno e mezzo prima (per iscriversi al campionato 2017/18 nell'estate 2017 ha fatto fede l'ultimo bilancio approvato, nell'autunno 2016, quello della stagione 2015/16...). Dunque non è comunque il risultato dell'ultimo bilancio a garantire l'iscrizione ma la solidità patrimoniale e una serie di elementi che fanno presumere di poter far fronte al campionato, come contratti, sponsorizzazioni e dichiarazioni di terzi su accordi da onorare.
 
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Ci sono molte altre questioni su cui queste motivazioni sono di fatto un'omessa pronuncia. Legato a quanto appena detto, mancano in primis spiegazioni sul nesso di causalità, ovvero il legame tra i comportamenti in oggetto e i titoli conseguiti "per effetto" (dice la norma) della contestata frode sportiva. Cioè deve esserci un legame diretto, il comportamento tenuto deve portare a quel risultato. Come pagare in nero i giocatori ha portato la Mens Sana a vincere quei titoli?

Non c'è una risposta alla contestazione di mancata osservazione del principio di progressività delle sanzioni. Per capirsi, alla Mens Sana è stata comminato il massimo della pena, la revoca dei titoli. Per una sanzione che in un'ordine dalla più lieve alla più grave è l'undicesima, nell'ordinamento Fip. Questo in presenza di una società incensurata, quale era la Mens Sana. Oltre che in presenza, come è noto, di consolidate e unanimi valutazioni in altri sport di fattispecie analoghe come violazione del principio di lealtà e correttezza, non come frode sportiva.

E non c'è una risposta alla questione della prescrizione. Già, perché il deferimento è arrivato il 18 luglio 2016. La prescrizione ai tempi dei fatti contestati era fissata in cinque anni. Andando a ritroso al 18 luglio 2011, la Mens Sana aveva già completato le pratiche di iscrizione al campionato 2011/2012, che è il primo di cui si contesta la mancanza di requisiti per iscriversi. Non solo. A quel campionato ci si è iscritti nell'estate 2011 sulla base del bilancio 2009/10, chiuso nell'autunno 2010. Al campionato successivo 2012/13 ci si è iscritti nell'estate 2012 sulla base del bilancio 2010/11, approvato nell'autunno 2011. Ed essendo prescritte le condotte del bilancio chiuso al 30 giugno 2011, ha senso considerare fuori dal campo di indagine anche l'iscrizione al campionato 2012/13, che su quel bilancio si basa.

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Dando conto dell'interpretazione del Tribunale Federale, che si è spinto perfino più in là di quanto aveva sostenuto in udienza la Procura Federale, si è accennato alla domanda: ma queste motivazioni tengono effettivamente conto del giudicato del Coni? Nel considerare due momenti distinti dell'estate 2014 la mancata iscrizione della Mens Sana Basket e l'ammissione in B della Mens Sana 1871, e non come legate, il Tribunale Federale si prende la responsabilità di andare oltre le motivazioni del Coni in cui si parlava con una certa chiarezza di "lineare sequenza", "progressione" e "fattispecie unitaria":

"La lineare sequenza che emerge tra le due delibere del Consiglio Federale della FIP, ordinate in una sorta di progressione nella quale la prima sembra assumere carattere pregiudiziale rispetto alla seconda, lascia fondatamente ritenere che l’iscrizione al campionato di Serie B della Mens Sana Basket 1871 a r.l. sia avvenuto, nell’ambito di una fattispecie unitaria, ancorché realizzata attraverso decisioni autonome, sulla scorta del titolo sportivo precedente, ricorrendo tutti i presupposti ordinamentali per il suo passaggio".

Il Tribunale Federale ha voluto specificare non c'è stata tra vecchia e nuova Mens Sana una continuità giuridica (un trasferimento del titolo sportivo), ma "piuttosto una continuità ideale e storico-sportiva". Eppure il Coni aveva assunto una posizione forte, non tenendo il piano del discorso sulla cessione d'azienda ma sul tema del diritto sportivo. E specificando che, al di là delle regole del diritto privato, l'attribuzione dei trofei ha seguito il titolo sportivo, dalla vecchia alla nuova società. Altrimenti non avrebbe considerato, e chiesto di considerare, Polisportiva e MSB 1871 come parti necessarie.

Infatti nelle motivazioni del Coni si leggeva: "Sia per la continuità storico-sportiva appena argomentata, sia per l’attrazione alla propria sfera dei trofei revocati, costituivano invece parti necessarie di quei giudizi nei quali avrebbero dovuto essere coinvolte sin dalla fase del deferimento". Il Tribunale Federale ritiene di aver adempiuto alle prescrizioni ricevute, consentendo a Polisportiva e MSB 1871 "di partecipare e di esplicare le proprie difese" (inventando una figura che nel processo sportivo non esisteva). Ma quello che aveva chiesto il Coni era di coinvolgerle "sin dalla fase del deferimento". Quindi deferirle. Sì, questo processo sportivo ha ancora molte cose da dire.



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